Addio a Libereso il giardiniere che ispirò Calvino per il suo “Barone”

Sembrava la libertà incarnata in un uomo, quando Italo Calvino lo vide per la prima volta. Sì perché Libereso Guglielmi portava i capelli lunghi, i calzoni corti, e raccontava a tutti di essere figlio di un anarchico. Di considerare piante e fiori come se fossero i suoi migliori amici. Un personaggio perfetto, insomma, per entrare in un romanzo. E infatti, puntualmente, lo scrittore delle “Città invisibili” lo prese a modello per un racconto. E, in parte, anche per il “Barone rampante”.
Adesso, Libereso Guglielmi ha terminato il suo viaggio terreno. È morto a Sanremo, all'età di 91 anni, e verrà ricordato per sempre come il “Giardiniere di Calvino”. Titolo del libro che Ippolito Pizzetti gli dedicò nel 1993, pubblicato dall’editore Muzio.
Nato a Bordighera nel 1925, era figlio di un anarchico tolstojano studioso di esperanto, che aveva scelto per lui un nome pensando alla libertà. Dopo aver ottenuto una borsa di studio, all'età di 15 anni era stato chiamato dal professor Mario Calvino a lavorare nella stazione sperimentale di Floricoltura di Sanremo. Qui aveva fatto subito amicizia con il figlio del botanico, Italo, che qualche anno dopo lo avrebbe preso a modello per il personaggio di uno dei suoi racconti: “Un pomeriggio, Adamo”. Descrivendolo così: «Il nuovo giardiniere era un ragazzo dai capelli lunghi, e una crocetta di stoffa in testa per tenerli fermi».
Autore di numerose pubblicazioni, ricche tra l'altro di ricette a base di fiori ed erbe, Libereso Guglielmi è stato apprezzato anche all'estero: in Inghilterra come capo giardiniere del giardino botanico Myddleton House e ricercatore dell'Università di Londra. Rientrato in Italia, aveva rimesso a nuovo i 40 ettari del Parco di Villa Gernetto a Lesmo in Brianza.
Nel 2008 era stato ospite d’onore a Trieste di “Horti Tergestini”, la mostra mercato nel parco di San Giovanni. In un’intervista a “Il Piccolo” aveva raccontato: «Il modello del “Barone rampante”, in realtà, era uno zio di Calvino. Ma io gli raccontai la storia di un bosco così fitto che si poteva passare di ramo in ramo senza mai scendere dagli alberi. Italo, che era un grande ascoltatore, rimase affascinato da quella storia».
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