Addio Emanuel Ungaro lo stilista in camice bianco che amava le donne

PARIGI. Addio a Emanuel Ungaro, il couturier che «amava le donne», come si era definito in un’intervista. Malato da tempo, è morto sabato sera nella sua casa di Parigi, circondato dall’affetto della famiglia. Dalle passerelle si era allontanato già anni fa. Una decisione presa anzitempo nel 2004, come due anni prima Yves Saint-Laurent. L’aveva fatto nel ’68 anche il couturier spagnolo Cristobal Balenciaga, del quale il giovane Emanuel era stato l'allievo preferito. Nato 1933 in Francia, Ungaro era figlio di un sarto pugliese, di Francavilla Fontana, fuggito oltralpe perchè antifascista. La moda era quindi nel dna del piccolo Emanuel, che già a sei anni sapeva cucire.

Lavorava in camice bianco, come un chirurgo dell’eleganza, vezzo che solo i sarti della sua generazione hanno conservato. E disegnando ascoltava brani d’opera e di musica classica, ispirandosi ai colori degli artisti del Rinascimento per abiti che hanno conquistato Jackie Kennedy, la duchessa di Windsor, Caroline di Monaco, Isabelle Adjani, Salima Aga Khan, Catherine Deneuve, Lee Radzwill, Lauren Bacall, Ira Fürstenberg, le Rothschild e Anouk Aimée, l’attrice che amò a lungo. «Il mio sogno è fare abiti con gli stessi ritmi e le stesse armonie dei quartetti d’archi di Beethoven», diceva.

Per Ungaro l'haute couture era un «lusso supremo», sempre più difficile e rarefatto: «Non è l'Alta Moda che scompare ma la società che cambia - sosteneva -. Non ci sono più molte donne per portarla. Anche se si dimenticasse il costo di un vestito di Alta Moda, la sua maniera, la sua raffinatezza, il suo perfezionismo non sono dei valori d'attualità ai nostri giorni».

Nel ’96 aveva ceduto il controllo della maison al gruppo Ferragamo. L’aveva fondata nel 1965 a Parigi, «fiero di essere francese» e riconoscente nei confronti del paese che aveva accolto suo padre sarto «in fuga dalla dittatura di Mussolini». «L'Italia - affermava - è bella, vibrante e mi coinvolge. Ma la mia città è Parigi. L'Italia sarà il mio scalo, la mia dolce vita». Sposato con Laura Bernabei e padre di una figlia, Cosima, Ungaro era orgoglioso della descrizione di «stilista che ama le donne»: «Perchè non lavoro su un'idea ma sul corpo in movimento con le sue forme e la sua realtà» spiegava.

Dopo Ferragamo, il marchio è passato al magnate della Silicon Valley di origine pakistana Asim Absullah. Nell'atelier si è formato Giambattista Valli, delfino e primo successore del couturier. Poi, dopo una girandola di altri, sono arrivati Giles Deacon, per cinque anni Fausto Puglisi, nel 2017 Marco Colagrossi, che lascia dopo un anno. —

Riproduzione riservata © Il Piccolo