Addio Gianni Mura, grande firma dello sport nessuno come lui raccontò ciclismo e calcio

È morto a 74 anni Gianni Mura, giornalista e scrittore, dal 1976 storica firma di Repubblica. Mura si è spento ieri mattina all’ospedale di Senigallia, dove era ricoverato da qualche giorno, per un attacco cardiaco improvviso. Nato a Milano nel 1945, ha scritto pagine memorabili sullo sport e l’Italia degli ultimi decenni, dal calcio al ciclismo. Tra i tanti libri, nel 2007 scrisse il suo primo romanzo, “Giallo su giallo”, vincitore del Premio Grinzane: è stato tra i più grandi raccontatori del Tour de France.
Era un Maestro per tutti coloro che fanno il suo stesso mestiere. Gianni Mura aveva raccolto il testimone di sommo narratore di sport da un altro che, come lui, aveva scritto pagine indelebili e aveva il suo stesso nome: Gianni Brera. Condividevano tutto, lo stile, l’acume, l’amore per la letteratura e la buona tavola. E per il vino inteso innanzitutto come cultura da studiare, e poi spiegare. Non a caso Mura firmava, con la moglie Paola, anche rubriche enogastronomiche. Imperdibile, per gli amanti del genere il suo libro “Non c’è gusto”, un tour nella società italiana “delle trattorie, spina dorsale di questo Paese”, ovviamente riferito all’Italia.
Ha seguito Olimpiadi, Mondiali di calcio e mille altri eventi con la sua leggendaria macchina da scrivere, che non ha mai abbandonato anche nell’era digitale. Nessuno come lui ha raccontato il ciclismo, in particolare il Tour de France (la prima volta lo seguì che aveva appena 21 anni), e chi amava questo sport non poteva proprio fare a meno di leggerlo. E proprio nella grande corsa a tappe d’Oltralpe era ambientato uno dei suoi romanzi, “Giallo su giallo”, scritto nel 2007. «Sono molto più triste di ieri – ha twittato Davide Cassani, ct della nazionale di ciclismo –: è morto Gianni Mura, un grande giornalista e un amico sincero. Sapeva di tutto, amava il ciclismo e i corridori. Ciao Gianni».
Conversatore e piacevole, mai banale, sapeva molto di calcio ma non faceva mai trasparire la sua passione, così come dovrebbe essere. Ma anche lui aveva una sua squadra del cuore, che era l’Inter. Un giorno però volle puntualizzare che «tifavo Inter fino alla cessione di Angelillo. Ora non sono più interessato, anche se mi riservo la possibilità di appassionarmi alle squadre minori. Mi piace l’Atalanta». Ieri il club nerazzurro gli ha dedicato un pensiero sul sito. «Ha raccontato pagine memorabili della storia del calcio, del ciclismo e dello sport in generale. Lo ha fatto con uno stile unico, accompagnando i lettori con i suoi articoli, le sue interviste e le sue rubriche cariche di spunti, arguzia, poesia. Una delle espressioni più grandi e migliori del giornalismo sportivo italiano. Non solo sport: ha portato il suo contributo e le sue parole anche su riviste di associazioni umanitarie, lasciando sempre un segno profondo».
Una volta, però, Gianni Mura si lasciò andare e rivelò quali fossero stati i suoi campioni preferiti: «Mennea, Sara Simeoni, Riva e Scirea». Uno che invece detestava «è stato Mourinho».
Celebri anche certe sue frasi come «lo sport avrà tanti difetti, ma a differenza della vita nello sport non basta sembrare, bisogna essere». O anche «diceva un allenatore argentino: metto in campo benissimo i giocatori, il guaio è che poi si muovono». E ancora: «prima che in bravi o cattivi, i giornalisti si distinguono in: con la gastrite o senza».
Le ritirava fuori nei momenti di pausa dal lavoro, con quel sorriso da persona mite qual era. Il calcio di oggi non gli piaceva più, «perché i giocatori di oggi sono inavvicinabili, e se li avvicini ti dicono tre banalità». Ma continuava a scriverne con passione e competenza e con quel tocco da fuoriclasse della tastiera. Però non gli passava il magone per il fatto che il gioco fosse diventato troppo calcolatore e attendista «per cui fare un dribbling è quasi una colpa». –
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