Alain Delon, ottant’anni con malinconia

Crepuscolo difficile per l’attore francese che ha dominato il cinema europeo
French actor Alain Delon (L) arrives with his daughter Anouchka for the closing ceremony of the 60th Cannes Film Festival, 27 May 2007, in Cannes, France. ANSA/CHRISTOPHE KARABA
French actor Alain Delon (L) arrives with his daughter Anouchka for the closing ceremony of the 60th Cannes Film Festival, 27 May 2007, in Cannes, France. ANSA/CHRISTOPHE KARABA

ROMA. Almeno due volte nella sua vita Alain Delon ha dovuto sconfiggere il fantasma della depressione e l'angoscia del tempo che passa. Adesso, alla vigilia del suo ottantesimo compleanno (è nato l'8 novembre 1935 a Sceaux nell'Alta Senna) si vede costretto alla sfida più difficile del suo lungo autunno da patriarca solitario: sopravvivere al suo mito senza farsi schiacciare. Divide spesso la scena teatrale con la giovane figlia Anouchka, si è riconciliato con il primogenito Anthony, ha regalato agli amici la maggior parte degli oggetti che scandirono i suoi trionfi, ha venduto la maggior parte delle sue proprietà, vive in solitudine tra la Svizzera e la Francia profonda, nella vasta proprietà dove ha sepolto i suoi cani (ben 45) e ha preparato la cappella funebre per sé e per le donne e i figli che vorranno ritrovarlo, un'ultima volta.

È un crepuscolo difficile per l'attore che dominò il cinema europeo per oltre 30 anni; Delon infatti è stato (ed è) un'icona, un marchio di successo, un mito degno delle star hollywoodiane. Figlio del piccolo proprietario di un cinema di provincia e di una farmacista, viene abbandonato dai genitori divorziati ad appena quattro anni. Dato in affidamento, cresce da giovane ribelle, costantemente punito a scuola, insofferente della disciplina e della nuova famiglia della madre in cui non si ritrova. A 17 anni si arruola in marina e finisce a Saigon, con una ferma prolungata a cinque anni perché quasi la metà la trascorre in cella di rigore. Congedato nel 1956 si annida nella Parigi bohemienne di Montmartre facendo mille mestieri e rischiando di imbrancarsi nelle peggiori compagnie. Lo salvano la passione per una giovane attrice (Brigitte Auber) e l'incontro occasionale con Jean-Claude Brialy che, colpito dalla sua bellezza, lo invita al Festival di Cannes e lo incoraggia a tentare la carriera del cinema. Irrequieto com'è, il giovane cerca di mettere radici a Roma dove trova ospitalità presso il fotografo Gian Paolo Barbieri, ma rifiuta la proposta del tycoon David O’Selznick che gli offre un contratto in esclusiva a Hollywood. Invece torna a Parigi e accetta la proposta di Yves Allegret che lo sceglie per «Godot» con Edwige Feuillière e lo propone poi a suo fratello Marc per «Fatti bella e taci». È il 1958 e su quel set il giovane attore incontra Mylène Demongeot e il suo amico ed eterno rivale, Jean-Paul Belmondo. Poi, un trionfo dietro l’altro. Oggi a 80 anni l'eterno ragazzo dal ciuffo ribelle deve girare lo sguardo e guardare avanti.

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