Alessandro Marinuzzi, un’utopia per il nostro tempo

L’artista triestino nella residenza di “Dialoghi” vuole risalire alla fonte del mito culturale che sta dietro l’opera di Thomas More
Di Corrado Premuda

Cinquecento anni: tanto è passato dall'uscita della prima edizione di "Utopia", il rivoluzionario libro di Thomas More che propone un nuovo tipo di impegno per arrivare ad una forma di società perfetta e allo stesso tempo impossibile da realizzare. Un testo, nato in un'epoca di ripensamento per la religione cristiana e a pochi anni dalla scoperta dell'America, che rappresenta la ricerca disinteressata del bene comune basata su una rigida imparzialità che appassiona ancora oggi.

Cinquecento anni sono trascorsi anche dall'invenzione della parola "utopia" che More formulò derivandola dal greco con un gioco di parole tra ou-topos, cioè non-luogo, ed eu-topos, luogo felice. Con "Dialogues about Utopia / Utopia is More" l'intento di Alessandro Marinuzzi è quello di risalire alla fonte del mito culturale che sta dietro a "Utopia" e l'occasione per lavorarci arriva al regista triestino da una residenza che inizia venerdì a Villa Manin di Passariano di Codroipo all'interno dell'articolato progetto "Dialoghi - Residenze delle arti performative" curato da CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia e Ente regionale per il patrimonio culturale con il contributo del ministero dei Beni culturali e del turismo e della nostra regione.

Nel triennio 2015-17 diverse formazioni teatrali e di performer italiane e internazionali vengono invitate a vivere e lavorare nella villa: ogni gruppo ha carta bianca in merito alla valenza della sua residenza e può concentrarsi per sviluppare una start up per un nuovo percorso creativo. Nel caso di Marinuzzi si tratta di un laboratorio multidisciplinare che si avvale della collaborazione di due attori e artisti apprezzati in numerose produzioni europee, Luca Carboni e Gabriel Da Costa, impegnati nella creazione e nella drammaturgia video ma anche nell'interpretazione insieme ai più giovani Ruggero Franceschini e il triestino Daniele Molino (tra gli ultimi allievi di Luca Ronconi a Milano), e di Luigina Tusini, artista udinese, a cui sono affidati spazio scenico e interventi visivi.

Nella residenza a Villa Manin, la settima da quando è partito il progetto e la prima assegnata a un artista triestino, la base per il lavoro sarà il mito di Utopia, un mito poliedrico e visionario, un concetto sociale e politico che ha pervaso l'Europa umanistica e postumanistica arrivando fino a noi. Attraverso un percorso teatrale e performativo complesso l'intento di Marinuzzi è quello di confrontare il testo di More con molte domande che caratterizzano i nostri giorni inquieti.

«M'interessa - dice Marinuzzi - una riflessione sul significato della parola "utopia", sulla compresenza di immaginazione e di nichilismo. Vorrei trarre dall'opera di More degli spunti teatrali malgrado il libro non sia traducibile immediatamente con un linguaggio teatrale. M'interessa l'ambiguità della parola con il termine "eutopia", il luogo del bene. Siamo in una nuova epoca di passaggio, forse al tramonto di una certa idea di utopia e il mio invito è quello di tornare a scrutare l'alba di quella parola, come se studiassimo il big bang di quell'idea».

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