Alfa Romeo, Montedison tante storie di donne e uomini dietro la “scienza triste”

Economia come energia. Sfida, scommessa, forza concentrata su lavoro e vita migliore, sullo sviluppo. È “L’Italia della ricostruzione” dopo i disastri del fascismo e della guerra, cui Aldo Cazzullo...

Economia come energia. Sfida, scommessa, forza concentrata su lavoro e vita migliore, sullo sviluppo. È “L’Italia della ricostruzione” dopo i disastri del fascismo e della guerra, cui Aldo Cazzullo dedica il suo nuovo, affascinante libro, “Giuro che non avrò più fame” (Mondadori, pagg. 254, euro 18,00). Protagonisti d’un anno chiave, il 1948, oltre i politici responsabili d’una intensa stagione di rinascita, i De Gasperi, gli Einaudi e i Togliatti, i campioni sportivi rivali e leali come Coppi e Bartali, i grandi imprenditori Olivetti, Mattei e Valletta della Fiat, gli operai delle fabbriche, le dive del cinema e della radio e soprattutto i milioni di persone, «le nostre madri e i nostri padri, la loro straordinaria capacità di lavorare e anche di tornare a ridere», le fatiche e gli entusiasmi con cui «fare dell’Italia un Paese moderno». Una stagione da prendere come esempio, anche oggi, in questa nostra crisi di speranze e di fiducia.

Di quei tempi, di progetti ambiziosi e cultura d’innovazione, è stato protagonista anche Giuseppe Eugenio Luraghi, cui Rinaldo Gianola dedica un’accurata biografia, “Luraghi - L’uomo che inventò la Giulietta” (Book Time, pagg. 196, euro 16,00) raccontandone la storia manageriale e soprattutto la felice stagione alla guida dell’Alfa Romeo, eccellenza dell’industria dell’auto italiana. Impresa di Stato, l’Alfa, con tutti i vizi delle intromissioni politiche. Ma anche, grazie a Luraghi, grande azienda ad alta tecnologia e con prodotti di successo che ancora segnano il miglior made in Italy e di cui conservare grata memoria. Ci sono, nella storia recente dell’economia, anche pagine controverse, che il passare del tempo consente di rileggere fuori dal fuoco delle polemiche di poteri e interessi. Come quelle sull’industria chimica, al centro di “Un capitalismo per tutti” di Germano Maifreda, (Guerini, pagg. 360, euro 25,00) con una prefazione di Giulio Sapelli: «La Montedison di Mario Schimberni e il sogno d’una Public company”. Le radici affondano negli anni Cinquanta e Sessanta, con le ricerche nei laboratori Montecatini e Pirelli condotte da Giulio Natta, premio Nobel per la chimica nel 1963, per le scoperte che portarono al polipropilene, straordinario prodotto industriale. E il cuore del libro è la stagione degli anni Ottanta in cui la Montedison, guidata da Mario Schimberni, manager-imprenditore visionario, s’impegna per liberarsi sia dalle logiche della politica (posti di lavoro sicuri, anche a costo di non fare profitti), sia dalla dialettica con l’Eni, sia dal controllo di Mediobanca e del “salotto buono» d’un capitalismo poco aperto ai capitali di rischio. Schimberni rivoluziona la chimica, la apre all’innovazione e al mondo, progetta una Public Company ad azionariato diffuso. Ma perde la sua battaglia e nel 1987 si dimette. Sono vicende cariche di contrasti. Su cui il libro di Maifreda offre pagine interessanti per capire meglio fatti e conseguenze. Economia “scienza triste”, si dice spesso. Uno stereotipo. Perché i suoi protagonisti, soprattutto nel mondo della finanza, sono donne e uomini in carne e ossa, con interessi, desideri, sogni, passioni, ambizioni e cupezze, talvolta sino ai territori del crimine. E per descrivere questo mondo, il cinema è uno strumento efficacissimo. Lo dimostra, con solida competenza e raffinata brillantezza di scrittura, Marco Onado, uno dei migliori economisti italiani, in “Prendi i soldi e scappa” (Laterza, pagg. 192, euro 16,00): un lungo elenco di film (da “Gangster story” a “Quarto potere”, da “Una poltrona per due” a “Wall Street”, da “La grande scommessa” a “Il dottor Stranamore”, etc.) analizzati con l’occhio di chi sa tutto di banche e moneta, speculatori finanziari e crisi economiche e ha chiara la responsabilità delle professioni intellettuali (dell’economista e del regista, per esempio): smontare il linguaggio tecnico che spesso nasconde interessi inconfessabili e rendere chiari al grande pubblico valori, trucchi, oscurità e importanza del mondo dei soldi. Capire bene l’economia, anche grazie al cinema, è fondamentale per vivere tutti un po’ meglio. —

Riproduzione riservata © Il Piccolo