Alice Munro, nell’unico romanzo le stagioni dell’animo femminile

Esce per Bompiani “La vita delle ragazze e delle donne”: taglio biografico e analisi sociale 

ROBERTO BERTINETTI

Quella di Alice Munro è una voce che arriva dai margini del mondo letterario, lodata ovunque in maniera unanime: «Una straordinaria scrittrice di racconti, all’altezza di Cechov, Maupassant e Flaubert», ha detto di lei Philip Roth, mentre secondo Jonathan Franzen è «la più importante autrice vivente del Nord America».

Ottantasette anni, canadese, Nobel 2013 per la letteratura, Munro gode di una consolidata fama nei paesi di lingua inglese per la profondità psicologica e la leggerezza formale che caratterizzano le sue celebri raccolte di short-stories. In “La vita delle ragazze e delle donne” - l’unico romanzo dato alle stampe, apparso nel 1971 e ora proposto in Italia (traduzione di Susannna Basso, Einaudi, pagine 297, 20 euro) - privilegia l’indagine sulle diverse stagioni della vita femminile e offre ritratti di protagoniste raffigurate nella parte centrale o conclusiva dell’esistenza, mentre la minaccia di una grave malattia o il disagio della vecchiaia rappresentano per loro ostacoli da superare ad ogni costo. Magari facendo leva sulla memoria e traendo dai ricordi la forza per affrontare i problemi nei quali sono immerse.



Il taglio biografico utilizzato le permette di ricostruire i momenti più importanti della recente storia sociale dell’Ontario, sempre mantenendo un punto di vista al femminile e collocando in primo piano la valenza politica del racconto. Il maschilismo della provincia rurale, le battaglie per la libertà sessuale e, soprattutto, l’ambiguo fascino di un ritorno alla tradizione, che acquisisce consenso in particolare tra le giovani, trovano spazio in un libro nel quale si trovano espliciti riferimenti alle lotte femministe.

«È un romanzo che un lettore di sesso maschile troverà senza dubbio inquietante perché riassume in maniera perfetta il messaggio del Women’s Lib che sta rivoluzionando il mondo» affermò proprio nel 1971 la giuria del Canadian Bookseller Award assegnandole il riconoscimento.



In una delle poche interviste concesse nel corso di una lunga carriera, Munro ha spiegato l’obiettivo perseguito mentre componeva il volume: «Quel che volevo era proiettare una luce nuova su ogni singola cosa, su ogni strato di conversazione e pensiero, su una corteccia d’albero come su un muro, ogni odore, ogni buca, dolore, fessura, illusione, tenuti immobili, insieme: in un’inestinguibile radiosità in lode della bellezza e dell’intelligenza delle donne anche nelle circostanze per loro più avverse».



Le sue donne, giovani o meno giovani, indagano sul loro passato, sulle famiglie d’origine, sugli antenati magari europei (nobili in disgrazia o sanguinari malfattori) in una terra ritenuta fuori dal mondo. Oppure si interrogano su antichi amori, sugli esiti spesso fallimentari delle scelte compiute, senza mai farne drammi. Del passato sanno benissimo che non si può esserne sicuri a causa delle distorsioni che si accumulano. Altrettanto difficile per chi le racconta è distinguere fra ciò che è reale e significativo e ciò che invece è incerto e fuorviante. Il mondo della scrittrice canadese e allora senza una vera progressione, la vita ha un ritmo flessibile, liquido, è un labirinto di sensazioni che ingannano, che portano fuori strada. Sempre all’insegna di una ironia di ascendenza austeniana tra matrimoni che sfumano a causa di comici incidenti o unioni mancate per buffi equivoci.



Al pari delle altre opere che l’hanno resa celebre, anche in “La vita delle ragazze e delle donne” Munro utilizza una tecnica particolare: realistica nell’effetto complessivo ma espressionistica nel montaggio. Nella parte iniziale domina il tema del contrasto tra madre e figlia, sperimentato tra le mura domestiche dalla giovane Del Jordan, in seguito emergono l’analisi di una società patriarcale e bigotta e la denuncia delle difficoltà cui vanno incontro troppe ragazze dopo frettolosi matrimoni combinati dalle famiglie. La grandezza della scrittrice risiede in una naturale capacità di far diventare metaforica ogni situazione sperimentata trasformando il Canada, rurale o metropolitano, nello specchio di un mondo pieno di ostacoli erroneamente ritenuti da molte donne impossibili da superare.—



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