Altan: "Il mondo cambia ma i più piccoli no. Da loro possiamo imparare la fiducia"

Il vignettista è il padrino speciale del progetto triestino “Rime Bambine” che promuove la lettura a scuola e in famiglia con l’aiuto delle filastrocche IL LINK A TUTTI GLI ARTICOLI DE IL PICCOLO LIBRI
D - AQUILEIA - FRANCESCO ALTAN.. - Fotografo: MIRCO TONIOLO
D - AQUILEIA - FRANCESCO ALTAN.. - Fotografo: MIRCO TONIOLO

TRIESTE. Si sente spesso ripetere, per descrivere la sua bravura, che una vignetta di Altan dice molto più di un lungo editoriale. Eppure la sua forza non è solo “politica”. A un personaggio intriso di “operaismo anni ‘70” come Cipputi, si contrappongono i fumetti amati dai bambini di ieri e di oggi, prima tra tutti la Pimpa. E poi ci sono i personaggi famosi del passato come Cristoforo Colombo, ma anche le persone comuni e, raramente, uomini politici come Spadolini.

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E poi Trino, Ada, Kamillo Kromo. Tutti strumenti della speciale poetica di Altan, capace di racchiudere in pochi tratti mondi interi di saggezza e di simpatia. Personaggi con un’anima forte, che rimane coerente a distanza di decenni. E che, forse, è proprio ciò che li contraddistingue.

Altan è stato il padrino speciale del progetto triestino “Rime Bambine”, concluso da poco e dedicato alla promozione della lettura a scuola e in famiglia con l’aiuto delle rime e delle filastrocche, sotto la guida del Centro per la Salute del Bambino.

Altan, lei ha illustrato il gioco “le Carte in rima” per il progetto Rime Bambine. Come è nata questa collaborazione?

Sono stato coinvolto in “Nati per leggere” da tanto tempo, ho disegnato il logo. Con loro ho una lunga storia di piccole collaborazioni, anche se non continuative. Mi è sembrata subito una bella idea che si prestava al tipo di disegno che faccio io. Dal mio punto di vista, sono semplicemente dei disegni che illustrano le parole scelte per ogni carta. E credo che il progetto sia riuscito bene.

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Le sue vignette sono dei veri e propri editoriali, condensati in un attimo. Come trova l’equilibrio tra saggezza e ironia?

È difficile rispondere. Posso dire che queste cose vengono abbastanza facili dopo cinquant’anni di mestiere. Si impara a cercare gli spunti in mezzo alle notizie che si ricevono, si imparano piccoli trucchi del mestiere. Ma soprattutto, ci vuole molta attenzione. Quasi un processo inconsapevole, e credo che il segreto sia stare sempre attento, ascoltare e osservare ciò che accade intorno, in televisione, in radio.


Ma è vero che un tempo disegnava di notte? È cambiato oggi il suo modo di lavorare?

Mi piaceva il lavoro notturno, perché era più facile immergersi nelle lunghe storie a fumetti che disegnavo a quei tempi. Ma era un modo di lavorare piuttosto faticoso. Adesso lavoro di giorno e non faccio più quel tipo di fumetti.

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L’interesse principale delle sue vignette è davvero politico?

L’interesse è sulle persone, sull’essere umano in generale, di cui la politica è un’attività importante e spesso invasiva. Però non è l’unica cosa che mi interessa. Come dico spesso, mi interessano di più gli elettori che gli eletti. Mi interessano meno i personaggi politici. Mi interessa di di più chi li elegge, chi li vota, chi li segue.

Pensando a Cipputi, a proposito di elettori, quanta distanza c’è tra la classe operaia di oggi e quella di cui faceva parte? Cosa non voterebbe oggi il suo personaggio?

I tempi e la classe operaia, come tutto il resto, sono cambiati. Cipputi resta saldamente un uomo di sinistra, perché malgrado quello che qualcuno dice, per lui sinistra e destra esistono ancora.

La Pimpa non nasce da un progetto pedagogico, ma da un momento in famiglia. Cosa condizionò allora la sua scelta stilistica? E cosa pensa la Pimpa di quanto accade oggi?

La Pimpa è nata come gioco tra me e mia figlia Kika, io non pensavo alla pubblicazione. Non avevo mai fatto nulla per i bambini. È venuta fuori disegnando con lei, senza un progetto. Osservavo come si comportava con il mondo e mi facevo ispirare. Era la maniera più semplice che avevo per comunicare con mia figlia e sono rimasto piuttosto fedele a quell’approccio. Gli spunti venivano dall’osservazione di mia figlia e dai miei ricordi di letture infantili. La Pimpa di oggi non si occupa di pandemia ma è stata usata per dare piccoli consigli, quelli che sappiamo tutti, sulle mascherine, sul lavarsi le mani. Abbiamo fatto anche un piccolo vademecum con le regole.

I bambini di oggi la amano come quelli di ieri. Anche le reazioni e i commenti dei giovanissimi lettori, quando le capita di incontrarli, sono le stesse di un tempo?

I lettori della Pimpa sono piccoli e piccolissimi. Non mi pare che siano molto cambiati negli anni, a differenza di quelli un po’ più grandi.

C’è una sua vignetta recente, molto rappresentativa: un adulto che chiede a un bambino “sei pronto per la scuola?” e lui che risponde “io sì, tu prenditi un Valium!”. C’è qualcosa che dobbiamo imparare dai più piccoli?

La fiducia, forse.

Lei è figlio di un partigiano. Crede che la sua attività sia anche una forma di resistenza di fronte a ciò che trova ingiusto?

Resistere è importante sempre, penso.

Ha un legame particolare con Trieste? Dove, tra l’altro, una scuola dell’infanzia è dedicata ad uno dei suoi personaggi, Kamillo Kromo.

Da quando sono tornato a vivere ad Aquileia, mi è capitato di tornare a Trieste più spesso. Questo momento, infatti, è coinciso con le prime pubblicazioni dei libri di Kika. E ho continuato con EL ed Emme edizioni. Mi capita di passare a Trieste per motivi di lavoro, ma a volte anche per fare visita agli amici. Ho un bel rapporto con la città, non frequentissimo, ma torno sempre con piacere. Trieste è molto bella e ha il mare, che è una cosa che fa molto bene alle città. 

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