Anna Foglietta madrina post-virus apre la Mostra della ripartenza

Precauzioni severissime, stasera il red carpet con Cate Blanchett e la giuria Ieri l’anteprima con il poetico “Molecole” di Andrea Segre, oggi “Lacci” di Luchetti
Italian actress Anna Foglietta poses at Lido Beach ahead of the 77th annual Venice International Film Festival, in Venice, Italy, 01 September 2020. Anna Foglietta will host the opening and closing ceremony. The festival runs from 02 September to 12 September 2020. ANSA/ETTORE FERRARI
Italian actress Anna Foglietta poses at Lido Beach ahead of the 77th annual Venice International Film Festival, in Venice, Italy, 01 September 2020. Anna Foglietta will host the opening and closing ceremony. The festival runs from 02 September to 12 September 2020. ANSA/ETTORE FERRARI

Elisa Grando / VENEZIA

Le mascherine, il distanziamento, la misurazione della febbre, ma anche i nuovi film da scoprire insieme in sala e le star, soprattutto italiane, che tornano a promuoverli: inizia stasera la 77° Mostra del Cinema di Venezia, un’edizione strana ma di certo storica, in piena pandemia globale. Venezia 77 è il primo grande festival internazionale che, dopo i lockdown del Coronavirus, riporta il pubblico, gli addetti ai lavori e la stampa nelle sue sale cinematografiche in presenza, segnando il vero punto di ripartenza della macchina italiana del cinema. Questa sera sfileranno sul red carpet i giurati, guidati dalla presidente Cate Blanchett, e i protagonisti del film d’apertura “Lacci” di Daniele Luchetti (al cinema dall’1 ottobre): Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Giovanna Mezzogiorno, Laura Morante, Silvio Orlando, Adriano Giannini, Linda Caridi. Ci sarà anche la madrina Anna Foglietta, che dopo la Mostra interpreterà Franca, la madre di Alfredino Rampi nel film “Una storia italiana” dedicato alla tragedia di Vermicino del 1981, e che al Lido ha sottolineato il forte valore simbolico di questa edizione anche per la presenza di uno straordinario numero di registe. Mancherà invece la consueta folla di fan assiepati a bordo tappeto rosso: il red carpet è separato dalla strada da un muro che toglie la vista ai curiosi, per non creare assembramenti. Ed è stata annullata anche la tradizionale cena di gala per gli ospiti della cerimonia d’apertura. Il piano anti Covid-19 della Biennale è rigoroso: prevede il controllo della temperatura agli accessi del festival, l’obbligo di mascherina durante le proiezioni e nelle aree esterne alle sale, un’assistenza speciale alle delegazioni e agli attori, il tracciamento di tutti i partecipanti.

Con tutte queste regole e l’incertezza della situazione sanitaria, vale la pena comunque di fare la Mostra? «Per noi la risposta giusta è: non si poteva non farla», ha scritto qualche giorno fa il direttore Alberto Barbera sui suoi canali social. E di certo Venezia 77 sarà un banco di prova importante che ci dirà se, nei prossimi mesi, manifestazioni di questa portata si potranno davvero fare o meno: una sorta di cartina al tornasole della nostra capacità di convivenza col virus.

Non è un caso dunque che la serata di preapertura, ieri, sia stata affidata al bellissimo, intimo documentario “Molecole” di Andrea Segre (al cinema da domani, il regista sarà venerdì all’Ariston di Trieste e a Gorizia), che mostra non solo una Venezia inedita, quasi sospesa nel tempo, svuotata dalla quarantena, ma anche la sofferenza di una città fragile costretta a vivere tra due morse, l’impatto del turismo di massa e l’acqua alta. Segre, che nel suo cinema ha osservato spesso paesaggi umani e geografici ai margini, è nato a Dolo, nella terraferma, ma suo padre Ulderico, scomparso anni fa, era di Venezia. E proprio lì, nella casa di famiglia, il regista è rimasto bloccato durante il lockdown, ritrovando ricordi, lettere, foto e filmati in Super8 che, insieme alle sue riprese di una Venezia rarefatta, tessono insieme due ritratti: quello del padre, uomo che di sé aveva sempre detto poco, e quello della laguna oggi, anch’essa misteriosa e sfuggente.

La vediamo per la prima volta abitata solo dai veneziani, con il Canale della Giudecca deserto, libera dal moto ondoso delle navi turistiche che aggredisce rive e fondamenta della città. Un imperdibile viaggio a pelo d’acqua, accompagnato dalle musiche ipnotiche e avvolgenti di Teho Teardo, nella solitudine della pandemia e in quella intima di ciascuno, in contro tendenza con un mondo in cui invece, di solito, di sé si racconta fin troppo. —

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