Ariella Reggio monaca pop nelle “Basabanchi”
Domani sera lo spettacolo tratto dal romanzo dell’attore Alessandro Fullin apre al “Bobbio” il cartellone della Contrada

TRIESTE. Settembre '43. La guerra, fuori, attraversa le sue fasi più drammatiche. Manca tutto, anche il mangiare. Ma tra le mura del convento adagiato sul colle di San Luigi, più che di dramma, le suore si cibano di spunti comici. Tratto dal nuovo romanzo di Alessandro Fullin, da poco pubblicato da Mgs Press, sta per andare in scena al Teatro Bobbio "Le basabanchi", nuova produzione della Contrada, che per tradizione apre la propria stagione con un testo in dialetto, ambientato su uno sfondo tipicamente triestino.
Con lo stesso cast che aveva dato il via libera alle risate nei precedenti "Sissi a Miramar" e "Ritorno a Miramar", lo spettacolo debutterà domani sera (ore 20.30) con repliche fino a martedì 31. Sempre che - come capita a volte - il pubblico non ne reclami a gran voce la prosecuzione.
Cambiano dunque gli scenari, ma rimane intatto lo stile pop e impertinente con cui Fullin si è specializzato nel "maltrattare" la Storia in maniera comica. Voltate le spalle al mondo asburgico di Miramar, che pescava nell'immaginario inventato da Carpinteri e Faraguna, Fullin scrittore, regista, e anche interprete della nuova commedia, sceglie i momenti concitati del "ribaltòn" e l'8 settembre. E si concede un nuovo sfondo dove muovere le proprie figurine: monache e madri badesse, soldati italiani allo sbando, ufficiali delle SS.
Lo spettacolo è alle ultime fasi di allestimento e il debutto di domani sera preme, ma senza creare ansia tra gli interpreti. Si tratta del resto della affiatata compagnia che ha già dato vita ai precedenti capitoli del "libro di storia patria", che Fullin va componendo in questi anni per il teatro: Ariella Reggio, Marzia Postogna, Francesco Godina, Franko Korosec, Daniela Gattorno e Valentino Pagliei, ciascuno con il proprio "caratterino" sono abituati a riprendere le maschere comiche che li hanno resi familiari al pubblico.
Abbiamo visto qualche giorno fa le prove dello spettacolo, e pur senza i costumi, che intanto hanno vestito i personaggi, battute e effetti di scena bastavano già a delineare quel mondo assai fullinesco dove i rastrellamenti nazisti vanno a braccetto con telefonini e lampade Ikea. Né mancano le "lezioni di dialetto", impartite dalla badessa. Mentre gli stacchi musicali anni '70 e '80 (ma pare persino di ascoltare una rediviva Orietta Berti) si incrociano con la vita e la vitalità del convento. Preghiere e desideri inconfessabili, pasti frugali e ambizioni di palcoscenico che strizzano l'occhio al classico cult delle monache cantanti, cioè al film "Sister Act". Perché anche qui, a San Luigi, sotto il giogo nazista, con le bombe alleate che piovono in giardino, bisogna preparare l'annuale recita delle suore alla presenza del vescovo.
«Un mondo che ha messo da parte la sua drammaticità ed è diventato un fumetto» sottolinea Andrea Stanisci, lo scenografo che assieme a Tina Sosic, ha affiancato Fullin nell'allestimento. «Strip e cartoni animati si intonano perfettamente alla vita di questo convento e delle sue religiose poco religiose. Il tema scenografico che abbiamo scelto deve sicuramente qualcosa alla pittura di Giotto, ma rivisitata in tonalità abbaglianti, con i colori dei fumetti. Anche l'Ordine della Sacra Pinza, a cui queste disinvolte monache appartengono, mi ha dato una grande libertà nell'inventare i costumi. Il terrore delle divise naziste si scioglie così un look che, tutt'al, è più vampiresco».
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