Armando Depetris così a bassa voce i grigi di un pittore crepuscolare

Alla Galleria d’arte contemporanea di Monfalcone una retrospettiva sull’eclettico artista e musicologo

il percorso



«Profondo cultore e docente d’arte, scultore, pittore, incisore, arredatore, collezionista, lettore, viaggiatore instancabile, appassionato musicologo, di cinema e fotografia». Inizia così la biografia, a cura di Marina Dorsi, di Armando Depetris (1930-2011), poliedrico artista monfalconese a cui il Comune e il Consorzio Culturale del Monfalconese hanno dedicato un’importante retrospettiva nella sede della Galleria Comunale d’arte Contemporanea di Monfalcone.

“A bassa voce. Opere di Armando Depetris 1947-2011”, a cura di Marina Dorsi e Luca Geroni (fino al 3 febbraio), è una mostra che ripercorre l’intera vicenda artistica di Depetris, dagli anni della formazione e sperimentazione, compresi tra il 1947 e il 1960, passando per gli anni della maturità (1960-1980), per concludersi con le riflessioni sulla pittura (1980-2011). Tre quindi i momenti in cui i curatori hanno suddiviso il percorso espositivo, accanto a due sezioni molto interessanti e meno conosciute, la grafica e la parte dell’archivio e biblioteca personali, quest’ultima ospitata al primo piano della galleria, fondo depositato all’Archivio di Stato di Gorizia.

Come sottolineato da Luca Geroni, «Trieste e Venezia (ma non solo) potrebbero essere gli estremi culturali entro i quali si mosse la personalità artistica di Depetris ma certamente non furono dei confini e i suoi numerosi viaggi lo documentano. Si potrebbe inoltre aggiungere che egli fu un figlio particolare del suo tempo: conosceva infatti molto bene l’arte del Novecento ma non volle mai aderire a nessun movimento». Ed effettivamente questo aspetto emerge nell’esposizione, fin dalle sue prime prove di scultura, tecnica che praticherà dal 1947 al ’70, appresa nello studio dello scultore Ferruccio Patuna, dove iniziò ad apprezzare scultori come Medardo Rosso, Arturo Martini, Marino Marini, Ugo Carà e Marcello Mascherini e, soprattutto a «sviluppare con il maestro un’affinità elettiva nella forma di concepire l’arte aliena del farsi condizionare da principi teorici dettati da qualsiasi movimento». Nel 1948 si iscrisse al Liceo artistico di Venezia, che frequentò fino al 1952 e dove conobbe Carmelo Zotti, Giovanni Barbisan, Alberto Viani, Tancredi Parmeggiani.

In mostra si possono ammirare diverse sculture in gesso e terracotta, piccole teste e ritratti degli anni giovanili, opere che risentono in parte dello studio della scultura romanica, di Vincenzo Gemito e di Arturo Martini. Sul fronte del disegno, Depetris oscillava tra le copie d’accademia e lo studio dei disegni di Filippo de Pisis, artista che ammirava particolarmente.

La pittura irrompe invece in fase successiva, nei primi anni ’60. Depetris inizia a dipingere facciate di case antiche sui toni dei grigi e dei colori autunnali accanto a soggetti di matrice realista. Il grigio gioca un ruolo fondamentale nella scelta cromatica, per usare le parole di Bruno Punter «un tutto espresso con estrema semplicità di parola, e a bassa voce: in grigio. Il grigio, si sa, è il colore primo, del nostro pittore: un grigio variamente intriso, indefinibile: crepuscolare». La scomposizione della superficie e la sperimentazione al limite dell’astratto e del materico si riscontra nelle opere del 1964, esperienza che cede il passo a opere più mature e dai cromatismi più raffinati come testimoniano i ritratti dedicati a “Anny”. L’attenzione si concentra sulla raffigurazione femminile, i paesaggi diventano più stilizzati, puliti, dalle superficie piatte, dal colore intimista e dalla luce ferma. Alcuni paesaggi realizzati tra il 1969-’70, “Ragazza” del 1972 e “Ragazza che guarda il sole” del 1974 sono esempi perfetti del suo intendere la pittura, pervasi da un silenzio metafisico, quasi ovattato. Nel corso degli anni ’80 e ’90 la sua pittura oscilla tra le figure femminili e i paesaggi, inclusi talvolta in un unico dipinto come nel caso di “Bassa friulana (Le basse)” ed è ancora percepibile la suggestione del modernismo di area tedesca, già toccata in opere precedenti, la bidimensionalità, la decorazione stilizzata e la valorizzazione del corpo muliebre. —

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