Asmara addio, l’Italietta delle colonie negli intrecci di una storia familiare

Pierluigi Sabatti
“L’altopiano dell’Eritrea, una fiaba sospesa nell’aria africana, con il monte Bizen ai cui piedi si aprivano precipizi vestiti di verde, il cielo blu punteggiato dal volo dei falchi, e ai piedi dell’altopiano quella macchia azzurra, viola, verde, le strisce di smeraldo e di ametista che l’adornavano come nastri della festa, e sulle onde puntini bianchi ubriachi di sole, le isole di corallo dove le aquile marine tessevano i loro nidi, le uova dei gabbiani si aprivano alla luce del giorno, le conchiglie cantavano l’antica canzone del mondo che avevano racchiuso nel loro guscio, come inno di ringraziamento, il giorno che Dio le donò al mare”.
Un’immagine così non si dimentica. È quella che vede il nonno di Erminia Dell’Oro, autrice di “Asmara, addio” (Edizioni La tartaruga, Baldini Castoldi, 270 pagine, 18 euro), che ci racconta con affetto ma senza nostalgia l’Italietta delle colonie, e, con passione e nostalgia la sua Eritrea, il Paese in cui è nata, perché quel nonno alla fine dell’800 ha deciso di vivere lì e ha impiantato un’attività che sarà proseguita dal figlio, Mario, il padre di Erminia, che nel libro si chiama Milena.
Il libro, uscito per la prima volta nel 1988 e ripubblicato più volte, si divide in tre parti. Nella prima viene raccontata, attraverso gli occhi di Milena bambina, la storia delle famiglie paterna e materna. I primi sono originari di Lecco: il nonno Filippo Conti arriva in Africa alla fine dell’800, la meta era il Congo, ma una quarantena causa febbre gialla, lo blocca nel porto di Massaua e decide per l’Eritrea, andando a vivere all’Asmara. La nonna, Linda Baldini, appartiene a una famiglia di costruttori di ferrovie arrivati in Eritrea per la linea Asmara-Massaua. Il loro figlio Mario, torna in Italia nel ’38 e va a Milano a cercarsi una fidanzata. Il fato gli fa incontrare Sara Mayer. Colpo di fulmine: la sposa e si porta dietro anche i genitori di lei, Erich e Lia, ebrei minacciati dalle leggi razziali e salverà loro la vita.
Con una scrittura abile, fantasiosa e allettante Erminia Dell’Oro, giornalista, scrittrice e docente descrive il piccolo mondo degli italiani all’Asmara, con i loro riti e i loro pettegolezzi, con i loro club, ristoranti, caffè, cinema e il teatro. Una società multietnica, purchè i suoi membri siano bianchi. Da quel mondo sono esclusi gli indigeni la cui vita è fatta di miseria, malattie, sfruttamento. Eritrei che l’autrice ci fa conoscere attraverso una serie di ritratti. La guerra in Europa con i suoi orrori è lontana.
La seconda parte comincia con la perdita dell’Impero: l’Eritrea nel ’42 è occupata dagli inglesi (antipatici) e dagli americani (più simpatici) e Asmara conosce una situazione che Trieste conoscerà qualche anno dopo, dal 1945 al ‘54. In quegli anni Milena cresce, nascono i primi amori, il matrimonio dei genitori, dopo la perdita della sorellina Roberta piccolissima, si sfascia. I nonni ebrei tornano in Italia, come tanti altri italiani che patiranno la nostalgia, anche se Hailé Selassie assicura protezione ai nostri connazionali. Milena stessa deciderà di venire in Italia e di costruire qui la sua vita.
Nella terza parte racconta la tormentata storia dell’Eritrea, la sanguinosa guerra per rendersi indipendente dall’Etiopia, la dittatura. Racconta i suoi ritorni, anche se le tracce del suo mondo sono nel cimitero e negli edifici decò della sua città. Però potrà coronare il suo sogno: vedere la mitica Matode l’isola degli uccelli, creata da Dio “in uno stato di eccitazione”, come aveva sognato fin da piccola. —
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