Azimuth, una fiamma ossidrica buca l’arte

Il Guggenheim di Venezia ricorda gli undici mesi (tra il ’59 e il ’60) dell’esperienza di “agitatori” di Manzoni e Castellani
Di Giovanna Pastega
Castellani_66_013
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VENEZIA. Azimuth in arabo significa “le direzioni” e indica un angolo tra un punto e un piano di riferimento. In astronomia l'azimuth di un astro è l'arco di orizzonte compreso tra il nord e la verticale di quell'astro.

Ma nell'universo artistico italiano del '900 Azimuth è stata una delle esperienze più dirompenti e innovative tra il dopoguerra e il boom economico. A promuovere quello che in molti hanno definito un vero e proprio terremoto creativo due artisti di grande spessore: Piero Manzoni ed Enrico Castellani. Attraverso l'appassionata attività di una rivista e di una galleria d'arte crearono nella Milano del miracolo economico un polo espressivo e culturale caratterizzato da una sperimentazione radicale e da un vivace dialogo artistico internazionale, che in poco tempo riuscì a diventare uno dei grandi catalizzatori della cultura visiva e concettuale europea dell'epoca.

Diversificate nel lettering, Azimut-la galleria e Azimuth-la rivista diedero forma a un'autentica "nuova concezione artistica", tanto per citare il secondo numero della pubblicazione e una delle mostre collettive più importanti. A rendere omaggio a questa "direzione" dell'arte ci ha pensato la Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia con la mostra “Azimuth/H. Continuità e nuovo”, che resterà aperta fino al 19 gennaio 2015.

In termini temporali l'esperienza di Azimut/h si potrebbe definire fulminea: 11 mesi in tutto, dal settembre 1959 con l'uscita del primo numero della rivista al luglio 1960 con la chiusura della galleria. Tuttavia la portata fu dirompente. Non un movimento, come precisarono gli stessi protagonisti, ma uno spazio d'azione radicale e incisivo, una sorta di elemento "agitatore" della cultura europea e internazionale. «Nell'arco di 6 stanze - spiega il curatore Luca Massimo Barbero - ho voluto fare una mostra fortemente filologica e ad alta densità, che non intende santificare un movimento, ma solo interrogarsi sull'importanza, gli esiti e gli effetti sull'arte contemporanea degli artisti Azimuth. Le loro straordinarie immersioni ed emersioni nei materiali della contemporaneità riuscirono nello spazio di pochissimi mesi a incidere con l'intensità di una fiamma ossidrica nella sostanza stessa dell'atto artistico e a costruire un tessuto fortissimo di relazioni a livello internazionale, una "piattaforma carsica", la cui portata possiamo percepire ancora oggi nell'arte. Ho voluto "campionare" un momento delicatissimo della storia artistica del nostro paese per cogliere le origini prime, la protostoria, la fonte generativa dell'arte contemporanea italiana».

Tra la fine degli anni '50 e gli inizi degli anni '60 - spiega Barbero - c'è un fantasma che attraversa l'Europa e smonta tutti i valori precedenti, tutto ciò che le generazioni passate attraverso la forma, l'informe e il materico avevano costruito. «La mostra ci offre la visione di questo momento germinale. Per questo - conclude - vorrei che ogni visitatore potesse guardare le opere esposte con occhi puliti, non condizionati, per poterne coglierne lo slancio autentico, forse l'ingenuità, sicuramente la purezza e la forza».

In mostra oltre alle celebri "Linee", alla "Merda d'artista" di Manzoni e alle tele aggettanti di Castellani trovano spazio alcuni rari tagli obliqui di Fontana e le opere degli esordi di Burri, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Jean Tinguely, Heinz Mack e di molti altri esponenti delle avanguardie.

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