“Babylon Sisters” debutta al Trieste Film Festival

TRIESTE. La Trieste multiculturale e interetnica, come al cinema non si era mai vista: la racconta "Babylon Sisters", il film di Gigi Roccati tratti dal libro "Amiche per la pelle" di Laila Wadia, che sarà presentato domenica 22 gennaio al Trieste Film Festival con la speciale formula "cinebrunch", film e pranzo a tema, stavolta etnico. La storia è quella di quattro donne immigrate, una cinese, una bosniaca, una curda turca e una indiana, che vivono con le loro famiglie in un fatiscente palazzo di periferia e uniscono le forze per scongiurare lo sfratto. Alla sceneggiatura ha collaborato anche Wadia, che ha fatto della multiculturalità una scelta di vita: la scrittrice di "Amiche per la pelle", "Come diventare italiani in 24 ore" e "Se tutte le donne" è indiana ma vive a Trieste dal 1986. Dopo aver portato molti testi in teatro con l'associazione culturale S/Paesati (e Wadia sta già scrivendo un nuovo testo teatrale in tre atti ambientati a Trieste in autobus, in ascensore e in una casa di riposo, con protagoniste sempre le donne), è la prima volta che un suo libro approda al cinema, per una coincidenza fortuita: «È stata Ornella Tarantola, proprietaria del negozio The Italian Bookshop a Londra, a consigliare il mio romanzo al produttore Gino Pennacchi di Tico Film. Ci sono voluti molto anni per realizzare il film, grazie a persone testarde che hanno creduto nel fatto di raccontare un'Italia un po' diversa. Lungo il percorso abbiamo contattato anche registi stranieri, ma tutti volevano raccontare un'Italia da cartolina. Invece "Babylon Sisters" è uno dei pochi film che parla della Trieste contemporanea fuori dai salotti della città, che porta l'attenzione sulla nuova realtà delle periferie». Nello specifico, il film è stato girato a Ponziana, coinvolgendo i veri frequentatori della Microarea.
Wadia, il set è stato multietnico quanto lo spirito del film?
«Certo, anche perché Trieste è già di per sé una comunità di comunità. Sul set abbiamo contato 17 nazionalità diverse. E poi abbiamo preso persone reali, oltre ai protagonisti professionisti. La donna cinese che interpreta Bocciolo di rosa, per esempio, è la proprietaria del ristorante Grande Shangai, il marito gestisce un bed & breakfast in via Ghega. Il padre della giovane protagonista Amber Dutta è il suo papà vero. Sono persone reali che in un certo senso raccontano loro stesse».
Perché nel 1986 ha deciso di trasferirsi a Trieste?
«Sono arrivata con una borsa di studio estiva, lungo un percorso verso gli Stati Uniti. Ma quando ho conosciuto la città mi sono resa conto che quella volta l'America era qua, ho deciso di fermarmi e di fare qui l'università. Quella che doveva essere una sosta per imparare come fare il gelato è diventata una sosta per la vita. Torno comunque spesso in India, vivo questa duplice alleanza del cuore».
Come si vive da migranti a Trieste?
«Si vive molto bene quando accetti la condizione che siamo tutti migranti: allora la tua casa nel mondo diventa il posto in cui diventi te stesso, com'è stato per me a Trieste. Anche "Amiche per la pelle" è nato dall'osservazione, soprattutto sull'autobus, dove mi sedevo vicino a donne che parlavano varie lingue e vestivano diversamente ma erano insieme a me nel "contenitore Trieste"».
Perché dà voce soprattutto alle immigrate?
«Mi interessa cosa pensano queste donne che sono il futuro di qualsiasi società, ma magari non hanno gli strumenti culturali ed economici per esprimersi. Per questo ho voluto dar loro voce. Vengo da una cultura dove dicono che avere una figlia è come bagnare il giardino del vicino: ho lasciato il mio paese per questo pensiero che molte persone avevano all'epoca. Credo nella forza dello spirito femminile che definisco come tutto quello che ripudia la violenza».
"Amiche per la pelle" è del 2007: è cambiato qualcosa in questi 10 anni?
«Siamo diventati tutti molto più poveri e quindi meno tolleranti. Non credo che la tolleranza sia una questione politica, ma semplicemente dettata dalla paura dell'impoverimento. Quando la coperta è corta la gente diventa più chiusa. Io però sono positiva: credo molto soprattutto nei bambini, in una futura generazione che conoscerà un'Italia multi colore e multi pensiero. Sono i grandi cambiamenti che ci riservano le sorprese più belle».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo