Balli e cene nella Trieste del 1820 negli inediti ricordi dei Querini Stampalia

la vicenda
“Giunti in Trieste, ogni infausto incomodo fu tosto dimenticato. Si andò a vedere quella piccola, ma bella, città, ridente, per l’ampiezza e regolarità delle nuove sue strade; sorprendente per la mole e anche per l’eleganza delle sue case, tutte fatte di nuovo da fondamenti, ed allineate regolarmente a fronteggiare le contrade”.
Così scriveva nel 1820 Girolamo Polcastro, politico e letterato padovano, nelle sue Memorie, ancor oggi inedite, conservate alla Biblioteca Civica di Padova.
Nelle pagine di questo manoscritto, in cui l’autore per quasi 50 anni raccoglie la cronaca politica e sociale di un territorio, quello dell’ex repubblica veneziana tra dominazioni austriache e francesi, ma anche quella personale e familiare, si svela un mondo e una storia in rapida evoluzione. Nel frammento che ricorda il viaggio in battello a vapore da Venezia fino a Trieste, Polcastro tratteggia uno tra i tanti momenti felici passati insieme alla moglie, Caterina Querini Stampalia, sposata giovanissima in seconde nozze, dopo la perdita della prima moglie e del figlio adolescente. Sorella del famoso Giovanni, imprenditore e filantropo veneziano con la passione per la scienza (noti sono i suoi esperimenti sull’elettricità), Caterina, appena diciottenne, aveva scelto di convolare a nozze con un uomo di 35 anni più vecchio di lei come atto di libertà ed emancipazione da una madre troppo autoritaria e oppressiva, portando in dote ben 45 mila ducati. Una cifra ingentissima che di fatto causò il “divieto” paterno alle intenzioni del fratello Giovanni di sposarsi due anni dopo anche lui. Un divieto che cambiò le sorti di tutta la famiglia Querini Stampalia: Giovanni infatti, dopo quella rinuncia, decise di non sposarsi mai più e la mancanza di eredi chiuse la possibilità di ogni successione.
A ricordare la storia di questa importante famiglia e in particolare di Giovanni, fondatore della biblioteca e del centro studi che portano il suo nome e di cui quest’anno ricorre il Centocinquantenario, un fitto calendario di celebrazioni, tra cui la mostra “Giovanni Querini Stampalia. L’uomo, l’imprenditore, il filantropo” aperta a Venezia fino all’8 dicembre prossimo.
Noto per le sue attività filantropiche in favore dei poveri e dei bisognosi, delle istituzioni culturali e scientifiche veneziane, degli ospedali pubblici, ma anche per i suoi metodi imprenditoriali nelle filande di sua proprietà particolarmente attenti ai tempi e ai modi di vita delle sue lavoratrici (per lo più maestre e operaie della seta che venivano dalle zone di Udine e Gemona), Giovanni maturò una visione etica e sociale dell’impresa, della cultura e della società, che tra carteggi, immagini e documenti viene ricostruita in mostra. Alla sua generosità illuminata e visionaria, oltre alle tante iniziative benefiche, si deve alla sua morte la creazione della Fondazione, ininterrottamente attiva fino ai nostri giorni, con cui voleva cambiare la fruizione della cultura in chiave moderna. Come ricorda l’attuale Presidente Marino Cortese «quella di Giovanni è stata una “scommessa per il futuro, per le generazioni a venire, fondata sulla fede nella scienza e sulla diffusione della conoscenza”.
Le borse di studio per gli studenti universitari, le doti per le fanciulle bisognose, gli aiuti agli scienziati e letterati poveri, la trasformazione della sua casa in un centro di studi e di dibattiti culturali e soprattutto la creazione di una biblioteca “aperta quando le altre sono chiuse” furono una scommessa verso un uso pubblico del sapere e una moderna istruzione aperta a tutti».
Nella fondazione confluì anche il patrimonio ingente lasciatogli dalla sorella Caterina, di cui in occasione delle celebrazioni si sta cercando di ricostruire la complessa figura, nota finora per il suo ambitissimo salotto letterario nella villa di Loreggia frequentato da scrittori come Stendhal, ma anche da politici e intellettuali che cospiravano contro l’Austria.
«Ancora troppo poche le notizie su di lei – spiega Cristina Celegon responsabile della Biblioteca Querini Stampalia – e nessuna immagine. Brillante e volitiva, dal carattere non facile, come si desume dai carteggi esposti in mostra, ebbe nonostante la differenza d’età col marito un matrimonio felice.
Le parole di Girolamo Polcastro ce la restituiscono nel viaggio a Trieste sotto una luce familiare e spensierata: “Fummo ne’pochi giorni dalla nostra dimora in Trieste, come dicono i francesi fetée. Un invito ad una villa fuori dalla città, una festa di ballo, brillantissima, una cena lautissima, un accompagnamento numeroso, ed un seguito di legni nel ritorno, ecco tutto quello che generò dall’animo della mia giovane sposa, una tale predilezione per quel paese, che sempre se ne ricorda, che sempre lo nomina con assai di lode”. »
In questo tour nel capoluogo giuliano non mancò anche una gita a Capodistria per vedere una razza di cavalli allevati nelle montagne di Lipizza e per visitare poco lontano la celebre grotta frequentata dall’Imperatore Francesco I, quella di Vileniza: “nel seno d’una montagna della Carnia, una delle più belle stalattiti possibili, pendono, come grappoli d’uva, dalla terra promessa, da quella scoscesa volta”. —
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