“Brundibár” con i Piccoli cantori di Trieste

Al Ridotto del Verdi un’opera per bambini nell’allestimento della Fondazione. Regia di Lorenzo Giossi, dirige Davide Casali
Di Patrizia Ferialdi

TRIESTE. Con un omaggio alla memoria di tutti i deportati nei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale si conclude la rassegna "Opera in un atto", promossa dalla Fondazione Teatro Verdi di Trieste a margine della stagione lirica in corso. Debutta oggi alle 18 al Ridotto, l'opera per bambini in due parti "Brundibár" messa in musica da Hans Krasa su libretto di Adolf Hoffmeister, nel nuovo allestimento della Fondazione per la regia di Lorenzo Giossi (che firma pure scene, luci e costumi) e la direzione musicale di Davide Casali. In scena Maria Vittoria Capaldo (Pepicek) Sofie Pfeifer/Elena Fumo (Aninka sua sorella) Luca Tongiorgi (Brundibár) Enrico Bergamasco (il gelataio) Giacomo Seguglia (il fornaio) Iris Fabi (il lattaio) Giovanna Izzi (il poliziotto) Marta Halupca/Elisabetta Chelleri (il cane), Teresa Fornasaro (il gatto) Irene Morpurgo (il passero) e il coro "i Piccoli Cantori della Città di Trieste" diretti da Cristina Semeraro. Gli spettacoli saranno preceduti da una breve introduzione curata da Nicolò Ceriani e recitata dagli attori Enrico Bergamasco e Giacomo Seguglia (repliche il 16 17 18 20 21 23 maggio).

Composta nel 1938 per un concorso nazionale organizzato dal governo, l'operina andò in scena per la prima volta nel 1942 all'orfanotrofio di Praga e, successivamente, nel lager di Theresienstadt dove venne ripetuta 55 volte. Nel 1944, con l'intento di far credere che il clima fosse confortevole e culturale, si tenne una rappresentazione speciale per una delegazione della Croce Rossa, ripresa pure per un film di propaganda nazista. La maggior parte dei partecipanti alle recite di Theresienstadt, incluso il compositore Krasa, furono successivamente trucidati ad Auschwitz. La trama narra le vicissitudini di Aninka e Pepicek, fratello e sorella orfani di padre a causa della guerra, alle prese col malvagio suonatore d'organetto Brundibar (che rappresenta Hitler), di cui avranno ragione grazie all'aiuto di un impavido passero, un astuto gatto e un saggio cane, oltre ai bambini del paese. Una favola a lieto fine, ove l'aiuto non arriva dall'umanità ma dagli animali, «una parentesi di riflessione anche in senso etico, oggi più che mai d'attualità - spiega Casali - per un'operina che rimanda un po' a “Pierino e il lupo”, molto fresca e con stile quasi fiabesco».

Quali sono i punti salienti della partitura?

«Esistono due versioni ovvero la 'versione Praga' che non si fa quasi mai e la 'versione Therezin', che è quella eseguita comunemente. Qui ci sono caratterizzazioni precise, per esempio il cane è sempre un po' goffo, il gatto è molto insinuante e il passero è più etereo e flautato. Invece quando canta il coro lo stile è sempre molto bello, chiaro e sognante mentre i due personaggi principali - Aninka e Pepicek - sono avvolti da un velo di malinconia».

Come hanno reagito i "Piccoli cantori"?

«Devo fare un plauso perché sono preparatissimi. La paura di un direttore d'orchestra quando lavora in generale, non solo con i bambini, è quella di non aver una sincronia tra gesto direttoriale e orchestra, invece qui ho trovato una simbiosi totale e i bambini sanno stare a ogni cambio ritmico. Trovo che siano stati molto ben preparati dalla maestra Cristina Semeraro».

C'è stata collaborazione con il regista?

«Con Lorenzo Giossi si è instaurato subito un ottimo rapporto, è un ragazzo giovane che, secondo me, ha centrato quella è l'opera senza andare a indagare troppo dove la facevano i primi interpreti ma parlando proprio dell'opera in se stessa. Un modo per ricordare i compositori 'degenerati' è quello di eseguire le loro opere e qui va un grande plauso al Teatro Verdi, che ha con questa messinscena riporta in vita una musica cancellata».

Quali impegni post Krasa?

«Un concerto a New York, uno a Detroit in veste di clarinettista, un disco dedicato alla musica degenerata per pianoforte e clarinetto; e poi una costante continua ricerca di queste partiture dimenticate. Spero di continuare la collaborazione con la Fondazione Teatro Verdi per riscoprire le musiche di questi autori. La loro non è musica triste, è musica e basta».

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