“Bulgaro” sarai tu! Gli epiteti malfamati sui popoli balcanici

Il docente di Storia della lingua italiana Enrico Testa studia gli stereotipi con cui si definisce una parte degli europei

la recensione



Nell'immaginaria nazione balcanica di Herzoslovakia, Aghata Christie sviluppa intrighi politici nefasti e nefandi. La regina inglese del giallo, che scrive nel 1925 "Il segreto dei Chimneys", in fase acuta di xenofobia postbellica, attinge a man bassa negli stereotipi razzisti e nelle descrizioni delle popolazioni balcaniche responsabili di aver scatenato il primo conflitto mondiale. Alla mamma di Miss Marple e di Poirot, certo si perdona questo e altro dolcissimo veleno. Ma mai sottovalutare che romanzi, film, articoli giornalistici sono popolari mezzi di diffusione di pregiudizi difficilmente scardinabili, esaminati con brio e competenza da Enrico Testa, docente di Storia della Lingua italiana dell'Università di Genova, nel saggio "Bulgaro. Storia di una parola malfamata" (Il Mulino, pagg. 141, euro 12).

Stereotipi ossificati in una accezione negativa, al punto che il termine "Balcani" è rifiutato dagli stessi popoli insediati in questa porzione d'Europa che estensivamente va dalla Grecia a parte della Turchia, da Romania a Moldova, dalle sei repubbliche della ex Jugoslavia, al Kosovo, all'Albania, fino alla Bulgaria.

In Romania, sulla base dell'orgoglio latino, "balcanico" è suonato in certi periodi come un insulto. Nel corso della "vojska" (guerra) del 1991 che portò alla disintegrazione della Jugoslavia, il romanziere cecoslovacco Milan Kundera, con l'insostenibile leggerezza inalata nell'esilio parigino, difende la Slovenia da questo epiteto infamante entrando in rotta di collisione con il tedesco Peter Handke, peraltro nato in Carinzia da madre slovena, e la querelle fu pubblicata da Edizioni E di Trieste con il titolo "I giorni della Slovenia" nello stesso anno. Evidentemente Kundera ignora che Marcus Ehrenpreis, rabbino in Croazia e poi in Bulgaria a cavallo di fine Ottocento-Novecento, «già a Praga avverte un'ambigua atmosfera: non si trova di fronte all'Oriente autentico, ma a qualcosa di sfuggente che si sottrae a ogni definizione».

Verità è che la descrizione dei Balcani, detti un tempo anche Turchia europea, come luogo d'impurità razziale, insieme alla loro complessità etnica, ha funzionato in Occidente da chiave interpretativa dell'instabilità. Nel 1931 Alfredo Panzini nel Dizionario Moderno registra la voce "balcanizzare" come "sinonimo di politico disordine con ammazzamenti" e "ridurre un Paese, uno Stato, un popolo al perpetuo disordine politico". Nel 700 il drammaturgo veneziano Carlo Gozzi definisce i Morlacchi della Dalmazia "una specie di antropofagi". Pochi decenni dopo il pittore e architetto francese Luis-Francois Cassas descrive gli abitanti di Zloselo "selvaggi" e meglio tacere il seguito.

Nel 1920 Mussolini a Pola proclama che «di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara» si deve adottare la politica del bastone. La compresenza di tanti e strani gruppi etnici, provocava sentimenti di repulsione e impurità e questa chiave di lettura, con un po' di maquillage “politically correct” adottato nelle terminologie dai funzionari dell'Unione Europea, continua a funzionare ancor oggi con i Balcani intesi come una sorta di Terzo Mondo del nostro continente.

L'immagine speculare e autocompiaciuta del piano nobile dell'Occidente contrapposto al sottoscala, di ragione contro istinto, di diplomazie contro odi primordiali, di pacificazione contro un rancore che non conosce oblio, sposta i confini a seconda dei casi e delle convenienze, annette o estromette. Conta solo che resti utile ripostiglio per i sentimenti della superiorità europea. Al termine di questo processo di slittamento la Bulgaria arriva a coincidere, sempre più spinta a oriente, con i Balcani originari. O meglio a essere oggi l'unico Paese balcanico rimasto, oggetto di un atteggiamento denigratorio che dura da secoli.

La "pista bulgara" ricostruita dall'autore del saggio risulta sorprendente come e più della storia del mistero ideata dalla Christie. —





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