Caccia alla batisfera del triestino Kalin che sfidava gli abissi

Dal fondo del Lago di Como si tenta il recupero dell’invenzione del 1920 di un pioniere della subacquea
Di Pietro Spirito

di PIETRO SPIRITO

inviato a GRAVEDONA

C’è un mistero in fondo al Lago di Como. Proprio di fronte all’abitato di Gravedona, a centotrentacinque metri di profondità, nelle acque scure e limacciose antistanti il piccolo promontorio dove sorge l’antico battistero, giace semisepolta nel fango una batisfera, un prototipo di torretta butoscopica progettata e realizzata dal triestino Francesco Kalin. La batisfera giace lì dal 1920, e dentro potrebbero esserci ancora i resti del suo pilota, Riccardo Schena, meccanico di fiducia di Kalin. Non si sa, con precisione, com’è fatta la batisfera, una delle prime camere d’immersione utilizzate per l’osservazione e i lavori a grande profondità. E si sa molto poco anche del suo inventore, quel Francesco - o Franz - Kalin, nato a Trieste nel 1889 e morto a Milano nel 1970, uno dei primi e geniali esploratori del mondo sommerso, titolare di una ditta di recuperi marittimi, pioniere degli abissi dal carattere schivo che amava definirsi “figlio del mare”. Ritrovare la sua batisfera, piantata nel fondo del Lago di Como, è un po’come scoprire una navicella sconosciuta su un altro pianeta. Ed è per questo che l'Historical Diving Society Italia (Hdsi) che gestisce il Museo nazionale delle attività subacquee di Marina di Ravenna (Mas) dal 2009 porta avanti un progetto di ricerca e possibile recupero della batisfera: «Si tratta di un oggetto unico - spiega il presidente dell’ Hdsi Faustolo Rambelli - che documenta un momento importante della pioneristica subacquea, tantopiù che il nostro museo conserva un’altra batisfera di Kalin, successiva però al prototipo che si trova in fondo al lago».

La storia della batisfera dell’ingegnere triestino risale al primo conflitto mondiale, quando, il 17 aprile 1918, il lago di Como viene scelto per testare un nuovo modello di motosilurante Mas. Durante le prove, però, qualcosa va storto, e il Mas affonda portando con sé il meccanico Giovanni Godi, mentre gli altri componenti dell’equipaggio riescono a mettersi in salvo raggiungendo la riva. Due anni dopo, il 24 novembre 1920, Francesco Kalin si offre per tentare il recupero del Mas utilizzando una torretta butoscopica di nuova concezione, dentro la quale prende posto il giovane meccanico Riccardo Schena. La torretta viene calata da una barca d’appoggio con un cavo metallico, ma anche stavolta qualcosa va male. Mentre scende nelle buie profondità del lago, a un tratto Schena comunica che la batisfera imbarca acqua. Kalin ordina di tirarlo subito su, ma durante la manovra il cavo esce dalla carrucola e si spezza. La batisfera precipita verso il fondo con il suo pilota all’interno, si pianta capovolta nel fango e lì rimane, a poca distanza dal relitto del Mas.

«Kalin era disperato», racconta oggi Benito Mangili, 83 anni, testimone indiretto dalla sciagura: Benito, che lavora ancora come maestro d’ascia allo squero Aval, sulla riva del lago, era stato allievo di Albonico Menotti, lui sì testimone diretto dei fatti. «Albonico - racconta Mangili - non perdeva occasione per ricordare quel giorno: allora aveva vent’anni, lui era sulla barca, e mi raccontava sempre di come il cavo si spezzò mentre recuperavano la batisfera perché imbarcava acqua; fu sempre Albonico, poi, a riportare l’ingegnere a Piona: Kalin era disperato per quello che era successo».

Dopo quel giorno sulla tragedia calerà l’oblio per oltre novant’anni. Finché, nel novembre del 2011, i Vigili del fuoco sommozzatori di Milano - su indicazione degli esperti dell’Historical Diving Society Italia - durante un’esercitazione con il Rov filoguidato Perseo, apparecchio dotato di telecamera, sonar e braccia meccaniche, individuano i relitti del Mas e della batisfera di Kalin. Di quest’ultima, le immagini mostrano solo l’oblò, l’elica e la base di appoggio. Da quel momento le cronache tornano a occuparsi dell’ingegnere triestino e della tragedia costata la vita a Riccardo Schena, mentre il Museo delle attività subacquee di Ravenna si attiva per tentare un’operazione di recupero della batisfera, difficilissima a quella profondità. Con il coinvolgimento della Soprintendenza per i Beni archeologici della Lombardia, dei Vigili del fuoco sommozzatori di Milano e di quelli volontari di Dongo, di una ditta privata e degli esperti di Hdsi, nel 2014 viene effettuato un nuovo sopralluogo con il Rov. Si decide di tentare un intervento diretto, e nel luglio scorso il sommozzatore altofondalista Alessandro Scuotto si tuffa per raggiungere la batisfera. Ma arrivato a sessanta metri di profondità un polsino della muta stagna comincia a fare acqua, e Scuotto è costretto a risalire. L’operazione di recupero viene ancora rimandata: un nuovo tentativo è previsto entro la fine dell’anno.

Intanto la batisfera continua a mantenere i suoi segreti in fondo al lago. Come del resto il suo ideatore, Franz Kalin. «In effetti di lui si sa poco», dicono Valeria Messina e Daniele Gastoldi, che stanno lavorando a un documentario sulla vicenda per la DG Produzioni, in collaborazione con Beatrice Buzzi, volontaria dei Vigili del fuoco che ha preso a cuore la storia. «Dalle ricerche effettuate - dicono Messina e Gastoldi - si sa che Kalin si era trasferito da Trieste a Milano nel 1914, e aveva aperto una ditta di recuperi subacquei con il fratello Carlo che era anche pilota di batiscafi». «Negli archivi della Camera di commercio di Milano - continuano i documentaristi - abbiamo trovato alcuni progetti, tra cui quello di un sommergibile a sei posti per i lavori subacquei, che però non fu mai realizzato». Si sa che Kalin tornò a Trieste alla fine degli anni Quaranta, dopo la guerra, per partecipare alla bonifica del porto, e il ricercatore triestino Claudio Pristavec ha recentemente raccolto le testimonianze di alcuni marinai che ricordano negli anni Sessanta la nave appoggio dei Kalin all’ormeggio. Ma chi era e cosa ha fatto veramente il pioniere triestino degli abissi Franz Kalin, “figlio del mare”, e come aveva progettato la sua innovativa batisfera, è un mistero ancora custodito in fondo al lago.

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