Carlo Marchesetti, il paletnologo triestino che strappava la storia dal grembo della terra

Scienziato eclettico, a ventisei anni divenne direttore del Civico Museo Ferdinando Massimiliano
Simona Regina
Un ritratto di Carlo de Marchesetti, più noto come Carlo Marchesetti, ma anche, nella variante tedesca, come Carl von Marchesetti (Trieste, 17 gennaio 1850 – 1 aprile 1926)
Un ritratto di Carlo de Marchesetti, più noto come Carlo Marchesetti, ma anche, nella variante tedesca, come Carl von Marchesetti (Trieste, 17 gennaio 1850 – 1 aprile 1926)

TRESTE Paletnologo, oltre che paleontologo. Carlo Marchesetti (nato a Trieste il 17 gennaio 1850 e mortovi il 1° aprile 1926) è il tipico scienziato che va oltre gli steccati del sapere - attitudine in fondo diffusa all’epoca - e con passione si misura in discipline diverse. Botanica, geologia, zoologia e, appunto, paleontologia e paletnologia: ovvero archeologia preistorica. E proprio occupandosi di archeologia preistorica, Marchesetti, a cavallo fra il XIX e il XX secolo, riesce a far tornare alla luce la nostra storia primitiva, «i cui documenti non si trovano in nessun archivio ma devono venir strappati dal grembo della terra».

Grotte, castellieri e necropoli sono infatti il teatro dei suo scavi, delle sue indagini, del suo lavoro che descrive così: «Come il geologo che da poche ossa frammentate e da qualche impronta appena percettibile deve ricomporre gli animali e le piante, così il paletnologo è spesso costretto da pochi avanzi dell’uomo e delle sue industrie a ricostruire stentamente e con lungo lavorio la storia smarrita del nostro passato» (da “I castellieri preistorici di Trieste e della Regione Giulia” del Dr Carlo Marchesetti, 1903).

Ma il suo primo amore è la botanica, campo in cui manifesta un interesse precoce che coltiva nel tempo. Ha diciotto anni quando, nel 1868, conosce Muzio de Tommasini e sotto la guida dell’anziano maestro inizia a condurre numerose esplorazioni botaniche e naturalistiche raccogliendo e classificando la flora di Trieste, Istria, Dalmazia e delle Alpi Giulie. Anche quando è all’università (si iscrive nel 1869 e si laurea nel 1874), Marchesetti a Vienna non si limita a seguire i corsi di medicina, ma frequenta lezioni di mineralogia, chimica, fisica, zoologia e botanica. E continua a raccogliere campioni floreali. L'interesse per le scienze naturali è tale da distoglierlo dalla carriera medica. Marchesetti viaggia, in Italia e non solo.

E proprio durante un viaggio in India scopre una foresta pietrificata che segna l’inizio del suo interesse per la paletnologia. È il 1875. L’anno dopo, a 26 anni, diventa direttore del Museo civico di storia naturale di Trieste, allora Civico Museo Ferdinando Massimiliano in onore dell’arciduca d’Austria (lo dirigerà fino al 1921) e di lì a poco inizia a condurre in modo sistematico indagini d'archeologia preistorica e protostorica locale, contribuendo allo sviluppo di queste ricerche nelle regioni del Litorale austriaco. È il 1883 quando avvia le ricerche sul colle della Chiusa, a Cattinara. Marchesetti si avventura sui prati sassosi dell’altipiano carsico, sulle alture battute dal vento, spinto dal suo interesse per i villaggi fortificati che sono stati la sede «primitiva» dell’antica Tergeste.

«Sebbene finora assai poco studiati - scrive - hanno diritto a tutta la nostra attenzione, contenendo documenti di grande importanza per ricostruire la storia di epoche lontanissime». Del resto, secondo la natura del paese che sceglievamo a nostra dimora, abbiamo dovuto adattare le nostre costruzioni: e allora palafitte dove c’erano laghi, mentre «ove come da noi la regione era montuosa, si presceglievano le vette emergenti cingendole di robuste mura. E su questi monti fortificati, su questi castellieri, i nostri progenitori trassero la loro esistenza per migliaia e migliaia di anni: le generazioni si succedettero alle generazioni depositando le loro reliquie nel grembo della terra, quasi in sacro volume, scritto a caratteri indelebili che noi appena ora cominciamo a sfogliare e comprendere».

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