«Caro Bartoli, mi perdoni» Lettere di Umberto Saba al sindaco di Trieste

La famiglia del primo cittadino nel dopoguerra ha consegnato all’Archivio di Stato  quattro missive inedite del poeta. Domani una lettura scenica dei testi a cura dell’Actis 
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la storia



Due personaggi triestini distanti per interessi e contesti, ma legati in qualche modo da una certa affinità elettiva e da una delicata vicinanza spirituale. È quanto emerge dalle quattro lettere autografe che Umberto Saba, tra l’aprile del 1956 e il gennaio del 1957, scrisse all’allora sindaco di Trieste Gianni Bartoli e che nel marzo di quest’anno sono state consegnate da Chiara Bartoli all’Archivio di Stato di Trieste a integrazione dell’archivio privato “Gianni Bartoli”. Sono lettere significative che possono essere lette da tanti punti di vista e che vanno ad arricchire altri documenti presenti nei fondi dell’archivio di via Lamaromra – come ad esempio l’archivio Sergio Miniussi – a testimonianza di differenti approcci di Saba con personaggi legati alla sua amata Trieste.

Con Gianni Bartoli, primo sindaco di Trieste – per certi versi “il Sindaco” per eccelelnza, alla guida della città dal 1949 al 1957 – lo scambio epistolare con il poeta è di carattere strettamente privato e forse per questo ancora più prezioso. La politica non è mai stata, infatti, per stessa ammissione di Saba, un terreno che lo appassionava – “sono molti anni ormai che non mi occupo più (nemmeno col pensiero) della “politica”; che, del resto, mi fu sempre funesta” – e nelle lettere il poeta fa solo un riferimento fugace alle incombenze del sindaco, sottolineando che “gli onori e il potere si pagano sempre cari”. Bartoli e Saba, per altro, non erano certo sulla stessa linea politica: democristiano il primo, di simpatie socialiste il secondo, anche se mai manifestate attivamente. Tuttavia nelle lettere – purtroppo a senso unico, dal momento che non possediamo le risposte di Bartoli, per altro evocate nelle missive dela poeta – si coglie un certo affetto. È anzi lo stesso Saba a spiegare, nella seconda epistola, l’origine di questo legame, sorto in lui in seguito a un “attacco” di Bartoli in un articolo. Scrive infatti Saba: “(...) l’attacco fu scritto – e certamente anche pensato! – in forma così cortese, che mi commosse. Ahimé! La cortesia è oggi un’arma così rara (in tutto, ma specialmente quando viene in ballo la politica) che gliene sono stato subito grato, e subito – per ragioni umane – mi sentii suo amico”. Sono anni difficili, gli ultimi, per Umberto Saba: la moglie Lina è ammalata di arteriosclerosi, raramente è lucida e il poeta si sottopone già dal 1954 a lunghi ricoveri a Gorizia, presso la clinica “San Giusto”. Ed è proprio l’inattesa visita del sindaco Bartoli a Lina Saba a spingere il poeta a ringraziarlo via lettera. Si legge una sincera gratitudine: “Caro Bartoli, la ringrazio per l’onore che mi ha fatto con la sua inaspettata visita. E più ancora la ringrazio per il sorriso che ha saputo – come per miracolo – richiamare sul viso di mia moglie (...)”.

Il 25 novembre 1956 Lina Saba muore e il poeta si trova in una situazione umana ed esistenziale molto dura, aggravata dalle difficoltà economiche. La terza e la quarta lettera vengono scritte dopo il lutto: in esse emerge l’anima controversa e tormentata del poeta, in bilico tra lo spaesamento di una grande afflizione (“Lei - scrive il poeta a Bartoli - vive nella vita; io ne sono ormai, spiritualmente, fuori”) e la capacità di sorridere, di trovare spunti di leggerezza e sottile ironia: “la vita (a Gorizia, ndr) mi costa meno che a Trieste”. Un’ironia diffusa quasi a controbilanciare i racconti più tristi di quegli ultimi periodi della sua vita. Ancora, il poeta ringrazia il sindaco Bartoli per averlo aiutato in maniera concreta nella sistemazione ospedaliera prima della moglie Lina e poi della sua. Non lo dice in maniera esplicita, come se il fattore economico fosse un argomento scabroso per lui, ma lo fa intendere con le parole piene di rispetto e affetto che rivolge ad un uomo che riveste un ruolo importante, istituzionale, ma che Saba sente sinceramente vicino, fino al commiato dell’ultima lettera, che ha toni strazianti: “Addio, caro Bartoli. Non si affatichi a rispondermi; sopporti meglio che può i pesi del suo ufficio (...) Se vorrà e potrà, venire e trovarmi (...) mi farà un regalo”. Il poeta morirà nell’agosto del 1957, pochi mesi dopo la scomparsa della sua amatissima Lina, alla quale aveva dedicato tanti intensi versi all’interno della sua produzione poetica.

E le lettera inedite di Saba a Bartoli sono già diventate uno spettacolo che andrà in scena domani, alle 10.30 nelle sale dell’Archivio di Stato di via Lamarmora a Trieste. In occasione delle Giornate europee del Patrimonio 2019 verrà infatti proposta la lettura scenica “L’anima di Saba” a cura del gruppo Actis Theatre dell’Associazione Culturale Teatro Immagine Suono-ACTIS di Trieste, con Daniela Gattorno, Stefano Crisafulli, Franco Naglein, Danila Attruia e la regia di Valentina Magnani. Sarà una lettura scenica che vuole contestualizzare le lettere attraverso le notizie riportate dalla cronaca de “Il Piccolo” di quel periodo, ricco di avvenimenti storici, come l’invasione dell’Ungheria nel novembre del’56 e la crisi di Suez all’epoca della presidenza Eisenhower. E soprattutto un modo – come sottolinea Antonietta Colombatti, direttrice dell’Archivio di Stato di Trieste – “per fruire, attraverso una mediazione artistica, della profonda sofferenza interiore e dell’intensità con cui Saba affronta ogni momento della vita, sentendo il dolore che riverbera dalle sue parole”.

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