C’è anche il triestino Daniele Raimondi alla festa del jazz di scena a Manhattan

la rassegna
«Lunedì sono volato a New York per “rappresentarci” agli Italian Jazz Days - dice il trombettista triestino Daniele Raimondi -, è un privilegio enorme essere chiamati a suonare nella grande mela, dove tutto è nato: domani mi esibirò all’American Legion di Harlem assieme ad altri giovani come il ligure Leonardo Corradi all’organo Hammond (organista di Fred Wesley, Ulf Wakenius, Martha High) e il batterista udinese Marco D’Orlando. Fatemi un in bocca al lupo!». Nato a Palermo il 12 giugno 1992 ma trasferitosi con la famiglia a Trieste già nel 1993, Raimondi in città ha mosso i primi passi nello studio della musica sin da piccolo: comincia a suonare la tromba tra i sei e i sette anni, anche grazie all’influenza del padre chitarrista e appassionato di jazz. Folgorato da Miles Davis, da allora non si è più fermato: a 14 anni si iscrive al Conservatorio Tartini, guidato dal maestro Mauro Ferrari consegue il diploma di tromba nel 2012 con il massimo dei voti e viene premiato come migliore diplomato dell’anno. E poi una borsa di studio per la prestigiosa Berklee School di Boston, i premi come il “Jimmie Wood Award” al Tuscia in Jazz, il “Vittoria Jazz Rotary Award” e il “Franco Russo” al TriesteLovesJazz.
Al Porche Jazz festival fu premiato da Lucio Dalla, in quell’occasione si presentò con l’AlfaOmega Jazz Duo assieme al concittadino Emanuele Grafitti, con cui ha poi anche realizzato un cd intitolato «Travellin’» uscito per l’etichetta Blue Serge di Sergio Cossu. Nel 2014 ha registrato «Duke’s Flower» di Riccardo Fioravanti per la rinomata etichetta Abeat Records, il disco è stato anche allegato alla rivista “Musica Jazz”. Ha condiviso il palco con una folla di artisti tra cui Riccardo Fioravanti, Linley Marthe, Gegè Telesforo, Roberto Gatto, Tineke Postma, Lukmil Perez, Giorgio Rosciglione, Roberto Cecchetto, Giovanni Mirabassi, Aldo Romano, Flavio Boltro, Mattia Cigalini, Rosario Bonaccorso, Urban Fabula, Ainé, Giovanni Mazzarino, Christian Djeya, Alberto Marsico e studiato tromba con Avishai Cohen, Eddie Henderson, Jack Walrath, Ken Cervenka, Marco Tamburini, Flavio Boltro…
Domani alle 18.30, dunque, si esibirà all’American Legion Post 398, suggestivo jazz club di New York, a Manhattan, nel cuore della cultura afro-americana di Harlem, con il Leonardo Corradi Trio nell’ambito della nona edizione dell’Italian Jazz Days. «L’idea di un festival a New York nel mese della cultura italiana – spiega il direttore artistico Antonio Ciacca – mi venne nel 2007, quando partecipai come musicista alla parata del Columbus Day. Mi resi conto che in quel contesto non c’era nessun riferimento al jazz. Se è vero che l’Italia va ricordata per il melodramma, le canzoni napoletane, Vivaldi e Palestrina, è anche giusto ricordare che gli italiani hanno dato un contributo decisivo allo sviluppo del jazz. L’obiettivo del festival è dunque creare un ponte tra i maestri americani o italo americani e giovani talenti del jazz dall’Italia: i musicisti arrivano qui per suonare e studiare con artisti di fama mondiale, per affinare le loro abilità». L’Italian Jazz Days quest’anno è cominciato il 7 ottobre e si concluderà domani, in tutto ha coinvolto 33 artisti che si sono alternati in sei diversi jazz club newyorkesi, la sezione dedicata alle giovani promesse “Young Jazz Book La Spezia meets New York”, oltre al triestino Raimondi, ha proposto 15 giovani a cui viene offerta la possibilità di suonare con maestri come lo stesso Ciacca e poi Marcello Pellitteri, Bruce Barth, Essiet Okon Essiet, Joe Lovano, Judi Silvano, Ari Roland, Taro Okamoto, Andy Farber, Luca Santaniello, Joseph Lepore, Darrell Green, Kevin Hays, Robert Jost, Greg Joseph. «Dalle scorse edizioni – conclude Ciacca – sono nati tour, dischi, collaborazioni, e questo fa capire che abbiamo messo in pratica quello che ogni festival dovrebbe sempre fare: far circolare cultura e arricchire musicisti e pubblico di esperienze, conoscenze e relazioni umane». —
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