C’è anche la Bosnia nella mappa che segna l’arte di tutto il mondo

Con Imago Mundi Luciano Benetton raccoglie gli artisti di ogni Paese nel segno della pace
Di Giulia Basso

di GIULIA BASSO

Tra le pesanti eredità che la guerra dei Balcani ha lasciato alla Bosnia Erzegovina, piccolo stato di tre milioni d'abitanti incastonato tra Oriente e Occidente, ci sono le frontiere visibili di un Paese con tre presidenti, due entità amministrative (la Federazione croato-musulmana, ripartita in 10 cantoni, e la Repubblica serba, costituita da 7 regioni), un distretto speciale e un alto rappresentante internazionale. Il frazionamento politico e le difficoltà finanziarie hanno spesso impedito agli artisti bosniaci, in questi ultimi 20 anni, di prendere parte a esposizioni internazionali, in particolare collettive. Per fare solo un esempio, alla Biennale d'Arte di Venezia la Bosnia Erzegovina ha partecipato soltanto nel 2003 e nel 2013, due lustri dopo: in dieci anni, spiegava allora il curatore Mladen Miljanovic, politica e cultura non erano riuscite ad accordarsi su una strategia comune per presentarsi come Paese.

A raccontare l'arte bosniaca oggi ci prova il progetto Imago Mundi, la collezione di opere commissionata e collezionata da Luciano Benetton nel corso dei suoi viaggi in giro per il mondo, che s'inoltra in territorio balcanico e dedica un catalogo e una collezione anche agli artisti di questo piccolo Paese di fiumi, ponti e montagne, offrendo loro un'importante vetrina internazionale.

Il progetto Imago Mundi

Imago Mundi è un ambizioso progetto che mira a creare un gigantesco tappeto musivo, una geografia artistica del mondo composta da migliaia di tessere dello stesso formato. Per farlo la Fondazione Benetton Studi e Ricerche ha reclutato, su base volontaria, artisti affermati ed emergenti provenienti da un centinaio di Paesi diversi. Ciascuno di loro è stato dotato di una piccola tela, di dimensioni 10x12 cm, ed è stato invitato a dar vita a un'opera che lo rappresentasse, come singolo ma anche come cittadino del proprio Paese d'appartenenza. Obiettivo del progetto, partito nel 2008 e che oggi è composto da quasi 20mila tele, è la catalogazione di opere e idee provenienti da tutto il globo per trasmetterle alle generazioni future - attraverso cataloghi, mostre e una piattaforma web dedicata (imagomundiart.com) - una mappatura il più vasta possibile delle culture umane all'inizio del Terzo Millennio. Oggi il progetto si compone di oltre un centinaio di collezioni e relativi cataloghi, dedicate ai diversi Paesi del mondo, ma anche a comunità native, come gli Indiani d'America, e a entità territoriali minori (per l'Italia si stanno producendo cataloghi regionali) e ha già dato vita a nove esposizioni organizzate in tre continenti. Negli allestimenti le piccole tele sono ospitate all'interno di una speciale struttura realizzata dall'architetto Tobia Scarpa, una sorta di griglia che, come le pagine di un libro, si può rinchiudere in speciali contenitori che ne semplificano il trasporto. Così anche le esposizioni sono “democratiche”, perché tutte le opere sono presentate con la medesima evidenza, a formare un variopinto mosaico del mondo. Imago Mundi è, nelle intenzioni del patron del marchio Benetton, un proget. to che mira a valorizzare le diversità, nella convinzione che siano le differenze a impreziosire il mondo. Il volume sulla Bosnia Erzegovina, l'ultimo nato del progetto, s'intitola “Correnti d'acqua e di arte” e raccoglie le opere di ben 140 artisti, una cifra decisamente ambiziosa per un paese così piccolo.

La cultura come “resistenza” e il simbolismo del ponte

Per illustrare le ragioni che l'hanno convinto a spingersi con il suo progetto nei profondi Balcani e nella piccola Bosnia Erzegovina, Luciano Benetton si affida alla storia e ai simboli. Nei giorni dell'assedio di Sarajevo e nei quattro anni di conflitto, spiega nella sua introduzione al catalogo, la popolazione è riuscita a tenere duro in condizioni critiche, spesso senz'acqua, cibo, elettricità e riscaldamento, anche grazie a una «resistenza culturale alla distruzione». «Tra il 1992 e il 1995 la capitale – spiega – si animò con più di tremila eventi culturali e artistici, centinaia di mostre nelle gallerie cittadine, 48 concerti della filarmonica di Sarajevo, più di 200 libri pubblicati in pieno assedio, centinaia di documentari e cortometraggi girati e di prime a teatro, con più di mezzo milione di spettatori… Il Sarajevo Film Festival è stato per anni l'unico collegamento della città assediata con il mondo esterno». La cultura e l'arte possono quindi creare legami che oltrepassano i confini, anche quelli invisibili che ancora sopravvivono nella vita quotidiana di una nazione complessa, in cui le rivalità tra etnie e religioni diverse, esplose con il conflitto del '92, non sono ancora completamente sopite. Il simbolo del ponte, che richiama l'opera di uno dei più grandi scrittori bosniaci di tutti i tempi, Ivo Andric, ma anche l'immagine di un altro celebre ponte, quello di Mostar, ricostruito dopo la distruzione della guerra civile, è per una terra di fiumi e montagne ciò che meglio rappresenta l'idea dell'arte come unione, collegamento tra culture ed etnie differenti, che possono convivere pacificamente in uno stesso territorio.

L'arte bosniaca contemporanea

Per raccogliere le opere di 140 artisti, scelti tra professionisti affermati, presenti da decenni sulla scena nazionale e internazionale, e tra giovani artisti emergenti, che stanno cercando una propria dimensione nel panorama artistico, la curatrice del progetto Imago Mundi Bosnia Erzegovina, Manuela Da Cortà, si è recata più volte sul territorio, valendosi anche delle amicizie in loco per tessere una trama di contatti: con le Accademie e gli Istituti più prestigiosi, con i Musei, con le Associazioni. «Trovare un titolo unificante per questo catalogo, che non creasse conflitti interni – racconta – non è stato semplice. Mi sono affidata al significato etimologico del nome Bosnia ed Erzegovina, da Bosna, il fiume che nasce vicino a Sarajevo e significa “acqua che scorre”, ed Erzegovina, che significa “Ducato”. La scelta è caduta infine su “Correnti d'acqua e d'arte”, a rappresentare la configurazione geografica del Paese, terra di fiumi, ma anche l'idea di corrente, artistica e di pensiero». Ma come si caratterizza l'arte bosniaca contemporanea? È ancora rintracciabile nelle opere degli artisti bosniaci il trauma della guerra? «Le opere riunite nel catalogo sono state tutte realizzate appositamente per questo progetto – racconta la curatrice – e sono estremamente soggettive. In alcune si rintraccia una rottura con il passato e una maggiore manifestazione diretta dell'animo, in altre un recupero della tradizione e un'adesione ai canoni classicisti. Ma di certo gli artisti bosniaci sono stanchi di parlare di guerra e, per quanto il Paese non sia ancora completamente pacificato, vogliono guardare avanti e uscire dallo stereotipo che li ha incatenati, agli occhi del mondo, per troppo tempo». Così nella collezione si trovano i linguaggi e le tecniche più svariate: non solo pittura, a olio o acrilica, ma anche fotografia, ricamo, uncinetto, utilizzo di materiali e oggetti. «In molte di queste piccole tele – racconta Da Cortà – l'importanza sensoriale è marcata: i colori sono intensi, brillanti, pastosi. Il risultato è uno straordinario ed eterogeneo insieme d'immagini, parte di una Mappa Mundi dell'arte contemporanea».

Il futuro

Dopo una collezione sull'arte croata e questa dedicata alla Bosnia Erzegovina sono già in fase di pubblicazione i cataloghi relativi a Slovenia, Serbia e Montenegro, con l'intenzione di mappare gradualmente tutti i Paesi di area balcanica e di organizzare, nel 2017, una mostra itinerante che, partendo da Sarajevo, si sposti poi nelle principali città, toccando tutti i Paesi di quest'area geografica.

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