C’è Trieste in quella “Louisiana” di perdenti

CANNES. C'è un pezzo di Trieste in "Louisiana", il documentario di Roberto Minervini passato ieri a Cannes, nella sezione "Un certain regard", in uscita in sala la prossima settimana (dal 28 maggio). La casa di produzione di Paolo Benzi "Okta Film", con sede a Trieste, città di confine come di confine è anche il cinema che sostiene, ha partecipato alla coproduzione internazionale che ne ha permesso la realizzazione. Benzi era sulla Croisette, ieri, ad accompagnare il regista, e ci ha raccontato che il suo legame con il Friuli Venezia Giulia è iniziato nel 2008, quando assieme a Alessandro Rossetto produsse "Rumore bianco" di Alberto Fasulo, ambientato sul Tagliamento. L'attività della Okta Film si è inaugurata l'anno seguente, con la produzione de "L'estate di Giacomo" di Alessandro Comodin (di cui è in sviluppo anche il prossimo progetto), prendendo in seguito una direzione il più possibile internazionale. I titoli dei film che Benzi sostiene rivelano un'idea di cinema rigorosa e militante, uno sguardo "rosselliniano" o "bressoniano" che impone la scoperta di autori giovani, coraggiosi, vitali, tra i più interessanti del panorama cinematografico mondiale.
Okta Film prende a prestito il nome dall'unità di misura utilizzata per indicare la nuvolosità del cielo, perché intende porsi come un indicatore e un rivelatore di visibilità, racconta Benzi, «un "avviso ai naviganti" di questi nostri tempi inquieti e in vorticosa trasformazione». Si schiera dalla parte di «un cinema innamorato di realtà e propone documentari d'autore in cui attività di sguardo e di ascolto si coniugano con la ricerca di forme narrative inedite e sapienti, sperimentali e godibili».
Rientra perfettamente in questa visione il documentario di Minervini, nato a Fermo ma trapiantato oltre oceano. Dopo la "Trilogia del Texas" si sposta in Louisiana per raccontare ancora una volta i "losers" d'America, i perdenti, gli emarginati, l'altra faccia degli Stati Uniti (come recita il titolo originale "The Other Side"), offrendo una visione più corale e politica di quanto non avesse fatto a suo tempo Gianfranco Rosi con "Below sea level".
In un territorio invisibile, ai margini della società, sul confine tra illegalità e anarchia, vive una comunità dolente che tenta di reagire a una minaccia: essere dimenticati dalle istituzioni e vedere calpestati i propri diritti di cittadini. Veterani in disarmo, adolescenti taciturni, drogati che cercano nell'amore una via d'uscita dalla dipendenza, ex combattenti delle forze speciali ancora in guerra con il mondo, giovani donne e future mamme allo sbando, vecchi che non hanno perso la voglia di vivere. In questa umanità nascosta si aprono gli abissi dell'America di oggi. «Nella Louisiana del Nord - spiega Minervini - il 60 per cento delle persone è disoccupata, distrutta dall'anfetamina e dalla povertà. Pensavo, inizialmente, di raccontarli attraverso ritratti di storie intime e famigliari, come ho fatto nei film precedenti. Poi ho capito che quell'approccio non era sufficiente. C'era bisogno di indagare e comprendere il sentimento di rivalsa e di rabbia che tiene unita questa comunità dispersa. La rabbia è nei confronti di tutti quelli che non sono come loro e nei confronti delle istituzioni che li hanno abbandonati. Il raggio si è allargato, come l'ambizione di raccontare qualcosa di più grande e sconosciuto: il midwest alla deriva, senza lavoro, antigovernativo e antiliberista, un posto in cui il collegamento fra le politiche di governo e l'opinione pubblica si è perso, trasformandosi in un divario».
Okta Film ha deciso di sostenere la produzione di "Louisiana" «perchè la "lezione americana" di Minervini serva da monito anche in Italia, paese "a rischio" della compagine europea, collocato com’è sulla sponda privilegiata del Mediterraneo, ma a ridosso di un'Africa e di un Medioriente impoveriti e in movimento. E perchè sarebbe bello immaginare che questo autore senza pregiudizi e dalla scrittura filmica raffinata, possa diventare un punto di riferimento forte per il cinema che vuole raccontare l'Italia contemporanea, la sua ricchezza, le sue contraddizioni, il suo tentativo di reinventarsi senza amnesie e senza rimozioni. Oggi il mondo è uno solo».
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