Celestini: «Racconto la gente lontana dalla notizia»

TRIESTE. Ascanio Celestini arriva in Friuli Venezia Giulia per accompagnare il suo nuovo film "Viva la sposa", presentato in anteprima durante la 72° Mostra del Cinema di Venezia, alle Giornate degli Autori. Stasera alle 20.30 il regista incontrerà il pubblico del Cinema Ariston tra le proiezioni serali delle 19 e delle 21, mentre domani partirà alla volta di Udine dove sarà al Visionario alle 20.30 e a Cinemazero di Pordenone al termine dello spettacolo delle 21.
A cinque anni dal suo esordio cinematografico con "La pecora nera", Celestini torna dietro la macchina da presa per raccontare l'Italia delle periferie e del sottoproletariato, vicino per sguardo a quell'umanità che tira a campare con poche speranze, a volte ai margini della legalità, ma non del tutto annientata dal cinismo. "Viva la sposa" è la storia di Nicola (interpretato dallo stesso Celestini), teatrante squattrinato che passa le sue giornate provando con poca convinzione a smettere di bere e raccattando qualche soldo alle feste dei bambini dove recita le filastrocche. Nicola si prende affettuosamente cura di Salvatore, figlio di Anna, che per vivere fa la prostituta, ed è amico dell'Abruzzese, carrozziere di giorno e parcheggiatore di notte, una persona su cui si può contare. Un giorno, accidentalmente, si imbatte in Sasà (Salvatore Striano), che campa di piccole truffe e qualche affare losco più grande di lui, mentre in passato, forse, ha amato Sofia (Alba Rohrwacher) che vorrebbe andare in Spagna con un'amica ma alla fine resta a Cinecittà. Intanto alla televisione passano le immagini di una felliniana sposa americana che gira l'Italia avvolta in un abito di un bianco abbacinante, attirando su di sé tutti gli sguardi.
«Volevo raccontare l'Italia della periferia - racconta Celestini - non intesa necessariamente come luogo di disagio, ma piuttosto come luogo lontano dalla notizia, dalla narrazione, dallo sguardo. L'umanità che vive nel mio film è disagiata, ma per certi versi non è così distante dalle fasce più alte della società, perché ho l'impressione che in tutti i contesti, soprattutto le persone della mia generazione, vivano con lo stesso fatalismo. Volevo soffermarmi sui quei luoghi e quelle persone di cui non si parla finché non finiscono nei fatti di cronaca».
E uno di quei fatti è il caso di Giuseppe Uva, gruista deceduto nel 2008 a Varese dopo essere stato massacrato di botte in caserma dopo un fermo di polizia, cui Celestini fa riferimento in una delle sequenze del film. Alla vigilia dell'anteprima veneziana, il sindacato di Polizia Coisp ha reagito attaccando il regista e tacciandolo a priori di «populismo contro chi - si legge nella lettera a lui indirizzata - è chiamato a rappresentare lo Stato». «Il processo sul caso Uva si è riaperto da poco e la verità è ancora da stabilire - afferma Celestini - ma al di là degli aspetti processuali, quello che mi premeva raccontare è di una persona come Giuseppe Uva, che vive in una situazione di marginalità ma non rappresenta un pericolo. Quella notte Uva era ubriaco, certo, ma non guidava, era a piedi con un amico. C'erano due persone che giravano ubriache e una di queste non è tornata viva a casa. Ciò che temo è che se Uva non fosse stata la persona che era, quindi socialmente debole, le cose sarebbero andate diversamente».
Beatrice Fiorentino
Riproduzione riservata © Il Piccolo