Cento anni di Ligabue, una storia da Venezia a Trieste tra navi e fossili giganti

TRIESTE Cento anni e non li dimostra, si potrebbe dire: è la Ligabue la più antica società attiva al mondo di appalto e provveditoria navale, oggi presente in 14 Paesi con 6000 imbarcazioni, una produzione di circa 40 milioni di pasti l’anno e un giro d’affari di oltre 321 milioni di euro. Conosciuta anche per le eccezionali scoperte paleontologiche di Giancarlo Ligabue, che nella sua vita ha saputo unire iniziativa imprenditoriale e passione per la ricerca, l’azienda ha voluto festeggiare il centenario ricostruendo e ricordando il proprio lungo cammino.
La storica compagnia, veneziana di nascita ma con un’anima anche triestina, visto che proprio nel capoluogo giuliano negli anni ‘70 installò il più grande magazzino frigorifero al mondo, ha deciso di festeggiare il suo primo secolo di vita varando un ricco calendario di eventi culturali. Si comincerà a settembre alla Scuola Grande della Misericordia di Venezia con una mostra multi-mediale, conferenze e tanti incontri che coinvolgeranno personalità del mondo della cultura e dello sport.
Una storia, quella della Ligabue, che ha attraversato il ‘900 ed è giunta fino ai nostri giorni grazie a tre generazioni di imprenditori - nonno, padre e figlio - unite da una visione comune dell’impresa capace di fondersi con l’impegno sociale e culturale.
Tra reperti fotografici e documentali, filmati e ricostruzioni a scala reale o ridotta di navi e scheletri di dinosauro la mostra veneziana racconterà soprattutto la storia di tre uomini: Anacleto, il pioniere, uomo geniale, nato a fine ‘800, che precorrendo i tempi creò dal nulla la prima società di rifornimento nel settore marittimo gestita con contratto d’appalto, inventando il servizio di catering e sperimentandolo per la prima volta in una nave, la Mauly, costruita nei cantieri navali di Monfalcone e riprodotta in scala nella mostra.
Dopo il capostipite, al centro la storia il più noto tra i Ligabue, Giancarlo (1931-2015) imprenditore di successo, ma nel cuore e nell’anima esploratore, archeologo e paleontologo, che lanciò l’azienda di famiglia a livello internazionale, estendendo le attività al settore aereo, alle piattaforme industriali on shore e off shore, anche in luoghi remoti e alle condizioni più estreme, come nel caso della spedizione in Antartide del 1985 con il catering per la prima base permanente gestita da Enea e Cnr. A lui si deve l’istituzione del Centro Studi e Ricerche dell’azienda, che ancora oggi lavora sostenendo le più diverse culture e civiltà nei luoghi più disparati della terra. Celebri le sue scoperte di giganteschi scheletri di dinosauro (poi donati ad importanti musei) e le sue straordinarie collezioni di arte precolombiana. Ultimo in ordine di tempo nella storia dei Ligabue, Inti, classe 1981, neo presidente della società e del gruppo, che dopo aver ristrutturato e risanato l’impresa per traghettarla nel nuovo millennio, ha portato avanti con grandi mostre internazionali la passione storica e archeologica del padre. Tra le novità da lui introdotte in azienda, quella di far costruire una grande nave fluviale destinata ai viaggi sul Danubio. Nella storia che sarà raccontata in mostra alcuni frammenti collegano proprio uno dei protagonisti, Giancarlo Ligabue, al capoluogo giuliano. «A Trieste - ricorda Inti – vive e lavora quello che è stato un amico davvero importante per mio padre, il geologo Flavio Bacchia. Insieme hanno condiviso la passione per i fossili e i dinosauri. Non a caso Bacchia (fra l’altro responsabile del sito paleontologico di Sistiana, ndr) sta lavorando con noi per ricostruire nella mostra il calco l’Ouranosaurus nigeriensis scoperto da mio padre negli anni ’70 e poi donato al Museo di Storia Naturale di Venezia, di cui esistono solo due esemplari al mondo. Fu proprio Bacchia a restaurare l’originale insieme ad un team internazionale di esperti. A lui mio padre si rivolgeva per le sue scorte di denti di dinosauro, di cui faceva dono ai bambini che accorrevano al museo per vedere il grande scheletro e conoscere “il papà” del dinosauro». A ricordare l’imprenditore-paleontologo e i suoi legami con Trieste anche Adriano Favaro, per anni direttore del Ligabue Magazine: «Giancarlo aveva un altro grande amico a Trieste, il fornitore navale Salvatore Cioffo. Con lui aveva un rapporto assolutamente magico e la parola non è casuale, perché i due giocosamente e ironicamente si scambiavano oroscopi da loro stessi formulati prima di ogni grande svolta imprenditoriale. Si divertivano tantissimo, prendendosi in giro su chi sbagliava o azzeccava una previsione». «Se devo ricordare però – continua Favaro – una delle imprese più appassionanti di Giancarlo, io che l’ho seguito da vicino nella sua attività di ricercatore, sicuramente direi il rocambolesco trasporto della piroga da lui acquistata per una borsa di tabacco in Papua Nuova Guinea, un’imbarcazione stretta e lunghissima che volle consegnare al Museo di Storia Naturale di Venezia dove è ancora custodita: la fece segare in due per caricarla nella stiva dell’aereo e una volta in Italia la fece rimontare da un cantiere di Campalto per poi farla testare in laguna dai suoi collaboratori che rischiarono più volte il naufragio. Una passione nel donare la “sua creatura” che solo un uomo di grande umanità poteva avere». —
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