Che cos’è l’Huntington? Voci bucano il silenzio di una malattia sconosciuta

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Malati, familiari, medici: sono le loro e sono tante, le voci che risuonano in questo libro dove si parla di una malattia rara e purtroppo ancora senza cura. Tante voci per non perdersi in bosco buio e cupo che porta il nome di Corea di Huntington: una malattia, rara, ereditaria, neurodegenerativa, che si manifesta tra i 30 e i 50 anni, caratterizzata da disturbi del movimento, alterazioni del comportamento e progressivo deterioramento cognitivo. In Italia le persone malate sono circa 6.000, con almeno altri 12.000 soggetti a rischio. È una malattia in aumento. Nel mondo i casi sono di 12,3 malati ogni 100 mila. Ne fu colpito anche il folksinger americano Woody Guthrie, uno degli ispiratori di Bob Dylan, la cui moglie fondò un comitato, ancora attivo, per combattere la malattia.
'I racconti dell'Huntington' (Franco Angeli, 216 pagg., 27 euro), che sarà presentato dai curatori con il direttore del Piccolo Enrico Grazioli, giovedì alle 18, al Caffè San Marco, nasce dal progetto di Huntington onlus, la rete italiana che unisce pazienti, familiari e volontari e opera per dare vita a una rete di competenze, esperienze e conoscenze per aiutare malati e familiari e superare l'isolamento e la solitudine che questa malattia spesso porta con sé. I curatori, lo psicoterapeuta Gianni Del Rio e la sociologa Maria Luppi che hanno raccolto le testimonianze di chi affronta la malattia, e il presidente dell'associazione Huntington onlus, Claudio Mustacchi, hanno ordinato le testimonianze, spesso solo di poche parole, che vanno dal momento della diagnosi alla consapevolezza, ai diversi modi di affrontare la malattia, fino all'accompagnamento verso il fine vita. Essendo una malattia ereditaria, e la probabilità di ricevere il gene malato da un genitore è del 50%, non è raro che la diagnosi raggiunga chi ha già avuto figli. Alcune donne hanno raccontato di come si siano sentite in colpa, a volte a causa di medici poco sensibili, ma il libro è ricco anche di testimonianze che mettono in risalto una relazione tra malato, familiari e medici che in molte occasioni è fondata sulla reciproca fiducia e sull'ascolto.
Purtroppo allo stato attuale della ricerca l'Huntington non lascia speranza. Grazie alla scoperta del gene, avvenuta nel 1993, la cui mutazione è causa della malattia, è oggi possibile individuare con un test genetico chi ne è portatore. Ma non vi sono farmaci in grado di prevenire, bloccare o rallentare la progressione della malattia. Le sostanze attualmente prescritte dal neurologo ai malati possono attenuare i sintomi ma senza poter curare in modo definitivo.
Essendo la diagnosi dell'Huntington una sentenza senza appello, molti malati si rifugiano nel silenzio; per dolore, vergogna, o anche per proteggere i figli, per tenerli il più a lungo al riparo dalla paura di poter essere anche loro portatori del gene impazzito. Ma lo spiraglio per uscire dall'isolamento, offerto da un articolo di giornale o da una trasmissione tv, hanno aiutato alcune persone a incontrarsi, a parlare e a trovare sollievo nella condivisione delle proprie esperienze. Anche i caregiver, chi si prende cura dei malati, trovano così la possibilità di allentare la pressione che comporta vivere a contatto con chi è colpito dall'Huntington. C'è poi il risvolto legale, la cura dei diritti dei malati che l'associazione assicura tramite avvocati convenzionati, e che rappresenta un lato non meno importante. Alla sapienza dell'esistenza, come Mustacchi chiama la capacità di reciproco auto aiuto, si affianca la sapienza della ricerca, che si pone il traguardo di silenziare il gene responsabile di questa atroce malattia. —
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