«Com’è bella questa Siberia» Voci dei soldati austroungarici dai lager della Grande Guerra

gli inediti
marina rossi
Paesaggi incontaminati, cacciatori e mercanti di pellicce, miniere d’oro, incontri con popolazioni solidali e generose oppure scontri fino all’ultimo sangue tra guardie bianche e rosse, sullo sfondo di ampie distese innevate: sono questi gli elementi più spesso evocati dalla letteratura e dalla memorialistica riguardanti l’esperienza della prigionia in Siberia, relativamente più nota per gli anni della guerra civile. Negli anni della Grande Guerra l’inoltro nei lager siberiani va distinto in due fasi. Agli inizi del conflitto, il governo russo destinò a quei territori i prigionieri austro-germanici e i discendenti dei coloni tedeschi. Poiché spesso per essere definito austriaco bastava la divisa, vi furono inviati anche molti soldati sloveni, croati, cechi, italiani che avrebbero dovuto, invece, rimanere nella Russia europea.
Nell’inverno del 1914-’15 i corrispondenti delle più importanti testate europee affrontarono lunghi viaggi sulla transiberiana per informare l’opinione pubblica sulla nuova destinazione dei soldati degli Imperi Centrali. Ad esempio un articolo del “Nationaltitende” di Copenaghen descrive il lento movimento, in senso contrario, dei convogli impegnati nel trasporto dei forti reparti siberiani e dei treni-ospedale al fronte galiziano: «Trascinato da un interminabile torrente di treni militari, il corriere siberiano si muove lentamente da Irkutsk a Pietroburgo. I passeggeri, la maggior parte dei quali sono ufficiali di Stato Maggiore e medici calcolano i ritardi, che nel frattempo formano ore e giorni. (...) Oggi l’unico passatempo è di leggere i giornali».
Il diario del maestro di Fiumicello Domenico Rizzatti ci permette invece di cogliere alcuni tratti caratteristici del paesaggio degli Urali e della Siberia occidentale: «14 giugno 1915. Alla stazione di Saksa incontrammo un trasporto di soldati austro-ungarici (...). Qui la regione è montuosa. Lungo la linea ferroviaria trovai le violacciocche allo stato selvatico (sono uguali a quelle di giardino, soltanto sono assai piccole)».
Il fascino del Bajkal riemerge anche dal retro di una cartolina illustrata spedita da Leone Srik: «Ferrovia transbaicalica. A tergo il seguente commento: “29 ottobre 1914. Il viaggio lungo la costa del lago di Bajkal è una delizia. L’acqua ha un bel colore blu. Quasi una giornata intera lungo la costa. A sud del lago s’innalzano monti molto elevati, i primi che incontriamo dopo gli Urali. Le cime isolate e imboscate offrono uno spettacolo caratteristico e molto bello. La città di Irkutsk, una delle più grandi della Siberia, non è situata sul lago, ma su un affluente. Qui ci sono molti deportati per ragioni politiche. I ciottoli delle rive del lago sono bella e bianca quarzite».
Le note riportate nel taccuino dell’ufficiale Guido Mondolfo, inserito nello stesso contingente, ci offrono altri gustosi particolari: «26 giugno. Un bel bagno, con quattro camerati, nel fiume Selenga. Nuotammo ben 800 metri, sia pure col favore della corrente. Poi, con una barchetta (20 kopeki, andata e ritorno), raggiungemmo un isolotto lussureggiante di vegetazione. Di sera, temporale».
Nell’agosto 1917 i prigionieri filoasburgici che non vollero aderire alle proposte di diserzione avanzate dalla Missione Militare Italiana ricevettero l’ordine di trasferimento nel remoto campo siberiano di Troitzossavsk, ai confini della Cina. L’ufficiale fiumano Oscar Ferlan descrive il viaggio con dovizia di particolari. Osservata dai finestrini, in quella stagione la Siberia appare ridente. Dopo 13 giorni (il 6 settembre) i prigionieri giungono a Irkutsk, sede del comando militare siberiano, dove il fiume Irkutsk entra nel Bajkal: «Immenso - scrive Ferlan - come l’Adriatico, alle rive grandi vapori, aria gelida, pungente. (...) Si procede attorno al lago, gran parte a pochi metri dalla sponda, si ode di continuo lo strepitio delle onde contro gli scogli e le sponde, il terreno è tutto intersecato da fiumicelli e torrenti che si gettano nel lago, si passano un centinaio di piccoli ponti».
Per raggiungere il campo di Troitzkossawsk è poi necessario proseguire in battello, risalendo la Selenga; la novità di trovarsi su una nave migliora lo stato d’animo dei prigionieri: «13 settembre, diciannovesimo giorno di viaggio… alle 8 a. m. ci incamminiamo; tempo bello ma rigido; ore 9.30 alla stazione d’imbarco; 90 ufficiali prendono posto sul vapore “Buriach” e il resto sulla maona “Siberia” trasportata dal vapore. L’equipaggio delle due navi, eccettuato il capitano, è cinese».
Nell’ottobre 1918 leggiamo la seguente nota: «Irkutsk 28 ottobre incrociamo molte tradotte di soldati siberiani diretti al fronte, splendida visione da un lato sul lago Bajkal, dall’altro sulle alte montagne, scarsa vegetazione nella pianura dove incontriamo i primi mongoli Buriati con piccoli codini (30 ottobre). Dopo una decina i giorni di viaggio eccoci al confine con la Manciuria…
Oggi l’inquinamento industriale, il surriscaldamento, mettono duramente a prova la natura incontaminata di tante località siberiane, inclusa la regione del Bajkal, insieme all’identità culturale dei suoi abitanti. —
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