Come invecchiare piano e bene tra religioni, politica e nuove scienze

“Voglio aggiungere vita ai giorni e non giorni alla vita”, scrive Enzo Bianchi, a lungo priore della comunità monastica di Bose, in una riflessione “sulla vecchiaia” intitolata, appunto, “La vita e i giorni” e pubblicata da Il Mulino (pagg. 138, Euro 13,00). La vecchiaia è territorio insidioso, carico di ombre, rivelatore di fragilità. E pure terreno fertile, in cui raccogliere frutti dell’esperienza e “piantare alberi” per le generazioni che verranno. La vecchiaia è “arte del vivere” che “possiamo in gran parte costruire”, luogo di memorie dolenti ma anche di quella felicità che si annida nelle cose di ogni giorno, camminando verso gli ultimi giorni con il massimo della serenità possibile. Senza restare “aggrappati a quel che si faceva”. C’è una poesia, nel declino. Con un filo di malinconia. E una consapevolezza, ricavata dalle parole d’un uomo di grande spiritualità, Dietrich Bonhoeffer: “L’uomo comprende veramente se stesso solo a partire dal proprio limite”. Anche quando la vita, verso la fine, lascia spazio ad altre vite: “In ogni comunità monastica il passaggio dal fondatore alla generazione seguente è un segno positivo di crescita e maturità”. La vecchiaia forma storie nuove.
Anche questo è un modo saggio di fare fronte al trascorrere del tempo. Senza farsi vincere dai rimpianti. Lo testimonia bene Michel Serres, 88 anni, professore alla Sorbona e a Stanford, uno dei maggiori storici della scienza, nelle rapide ed efficaci pagine di “Contro i bei tempi andati” (Bollati Boringhieri, pagg. 80, Euro 8,00). Serres non ama “i vecchi brontoloni”, cui contrappone “Pollicina”, ragazza dai superpoteri digitali. E fa tagliente ironia su quei conservatori che innalzano muri rispetto alle nuove generazioni e resistono ai cambiamenti. Serres difende il buon lavoro fatto da un’Europa in cui “non ci sono state più guerre, come non succedeva da millenni” e sa che proprio pace, benessere diffuso, welfare, progressi della scienza e qualità della vita sono l’eredità preziosa che lasciamo ai nostri nipoti, pur in un mondo squilibrato, diseguale, imperfetto. Insiste sul bisogno di favorire “un cambiamento culturale profondo”, di ridare spazio ai “valori dell’Europa” e al “senso della bellezza” e di accordare fiducia ai giovani, protagonisti di radicali rinnovamenti. E dichiara d’essere vecchio, sì, ma non ammalato di nostalgia.
I passaggi d’età, andando verso il tramonto, inducono a rimemorare e fare bilanci. Privati e pubblici, personali e politici. Particolarmente interessanti quando vengono da chi ha vissuto la politica come dimensione totale, impegno forte che investe libertà e responsabilità. Come Rossana Rossanda, protagonista di molte battaglie della sinistra italiana ed europea nella seconda metà del Novecento. Ne scrive con lucidità in “Questo corpo che mi abita”, una raccolta di sette saggi, curata da Lea Melandri per Bollati Boringhieri (pagg.122, Euro 12,00): riflessioni sul fare politica, appunto (“Autodifesa d’un io politico”), sui diritti, sull’integralità della figura femminile, sulle parzialità dell’identità di genere. E sul trascorrere del tempo. Nel saggio che fa da titolo al libro, l’invecchiare è in primo piano: i segni riflessi sul corpo, sulle mani soprattutto “che erano ‘la forma’, erano bellissime”, i cambiamenti nello sguardo degli uomini, la condizione particolare cui è sottoposta la donna che è soprattutto “vista”: bella o brutta e “non può non vedersi vista”. Il corpo, in primo piano. E i pensieri? E la mente? Invecchiare porta a essere molto sinceri.
Si può, comunque, invecchiare bene e più lentamente e come? Lo racconta Eliana Liotta, giornalista brillante e accurata divulgatrice scientifica, in “L’età non è uguale per tutti” (La nave di Teseo, pagg. 240, Euro 15,30), scritto in collaborazione con i ricercatori dell’ospedale universitario dell’Humanitas di Milano, guidati da Alberto Mantovani, uno dei più prestigiosi scienziati italiani a livello internazionale.
Si indaga sulle teorie dell’invecchiamento, si dà spazio a tutto ciò che può contrastarlo o rallentarlo, dai cibi alle abitudini di vita e alla cura per gli affetti, i sorrisi, gli impegni altruistici, le visioni aperte sui cambiamenti del mondo. Il decadimento del corpo, spiega la Liotta, dipende molto da una serie di stati infiammatori cronici, anche privi per lungo tempo di sintomi evidenti, che determinano il degrado fisico. Bisogna combatterli: alimentazione smart (la dieta mediterranea trova ancora una volta riconoscimenti di qualità), movimento e pensieri positivi contrastano l’infiammazione, aiutano a invecchiare meno e meglio. I “grandi vecchi” sono sempre stati agili, mai sedentari, impegnati a tenere il corpo in forma e la mente in movimento. Un esempio? Indro Montanelli, straordinario giornalista. Ma anche Gillo Dorfles, lucidissimo e attivissimo studioso dell’arte e dei costumi. La vecchiaia non è stabilita dai dati dell’anagrafe. Ma da come viviamo la nostra vita. E oggi abbiamo molte conoscenze, scientifiche e psicologiche e altrettanti strumenti culturali e sociali per abitare bene e a lungo il tempo di cui - sostiene Eliana Liotta - dobbiamo essere abitanti consapevoli e responsabili. Verso “una sana longevità”
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