Con gli occhi aperti nei musei per la sfilata delle meraviglie

Da lunedì 29 in regalo i 12 mesi del 2015 visti dal fotografo Fabrizio Giraldi
Di Isabella Reale

di ISABELLA REALE

Il rapporto tra musei e paesaggi culturali è uno dei temi "caldi" del dibattito in corso a livello internazionale da parte di organizzazioni come Icom o Unesco dedite alla valorizzazione dei beni culturali, con il fine di perseguire il rilancio socio economico, e sostenibile, dei nostri territori.

E se pensiamo alla nostra regione, molto c'è ancora da valorizzare e prima ancora da conoscere, per meglio definire la nostra vera identità culturale e soprattutto per comunicarla a quel pubblico, e pensiamo al turismo in particolare, che tutto l'anno può fruire sia del nostro variegato "piccolo compendio dell'universo", sia delle collezioni d'arte e di storia e delle tante proposte culturali che le nostre Istituzioni offrono.

Uno sguardo più partecipe su questa composita realtà potrà dunque rivelarci inedite prospettive e nuovi ragionamenti , come ci invita a fare Fabrizio Giraldi con questo suo reportage fotografico portatore di valori sociali oltre che di valenze estetiche, scegliendo alcuni frammenti significanti di questi spazi dedicati alla cultura. Una realtà che ha visto nuove e recenti aggiunte anche di sedi museali, e soprattutto nuovi allestimenti e proposte. E se una luce naturale si diffonde ora dall'alto sulle collezioni d'arte moderna e contemporanea di Udine, nella loro nuova sede aperta due anni or sono in Casa Cavazzini grazie all'intervento di Gae Aulenti, maestra della luce nei suoi allestimenti museali, sotto i riflettori di una vera passerella sfilano da pochi mesi a Gorizia le eleganze spensierate della Belle Époque del nuovo riallestimento del Museo della moda e delle arti applicate, confrontandosi direttamente con le ruvide uniformi del Museo della Grande Guerra.

Più recente ancora è la restituzione alla fruizione pubblica, grazie a un moderno assetto museotecnico firmato dallo studio Picotti Grusovin, di uno storico palazzo nel cuore antico di Pordenone, abilmente restaurato nel recupero di ogni sua memoria architettonica da Renato Portolan. Ma il museo più recente si è aperto a Trieste il 29 luglio o di quest'anno, esattamente a un secolo dalla dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia, ed è il Museo della guerra per la pace Diego de Henriquez, la cui spettacolare e unica collezione di armamenti, aperta dall'obice 305/17, fresco di restauro, 30 tonnellate e una gittata fino a 27 chilometri con proiettili da 200 chili, ha permesso una nuova destinazione "pacifista" alla caserma Duca delle Puglie con la conseguente ristrutturazione di alcuni hangar, compiendo non solo dunque una nemesi storica ma dando soprattutto una risposta attraverso la cultura ai tanti siti dismessi del demanio militare in stato di desolante abbandono.

In tempi in cui anche le fabbriche fino a ieri attive chiudono i battenti, del resto, è altrettanto precaria la situazione dei siti dell'archeologia industriale: restando a Trieste, il patrimonio di tecnica e di storia mercantile racchiuso nel Museo ferroviario di Campo Marzio è ora affidato alla sola buona volontà di volontari ex dipendenti delle Ferrovie, attendendo che Trenitalia decida sulla sua sorte, mentre miglior destino è stato riservato alla Centrale Idroelettrica di Malnisio, affidata all'Immaginario Scientifico di Trieste, divenuta polo attivo per la promozione delle tematiche tecnologiche e ambientali, essendo al centro di un sistema di impianti per lo sfruttamento idroelettico: qui la sala macchine appare come un vero salone delle "feste" dove si celebrano i matrimoni al cospetto di turbine e alternatori Brown, Boveri & Cie.

Ma ci sono anche spazi espositivi nati da una vera sfida affidata all'intelligenza e alla volontà: è successo nello scenario apocalittico del disastro del Vajont, dove l'architetto Valentino Stella ha ridato alle mura offese della scuola elementare di Casso, raggiunte dall'onda di risalita distruttrice causata dalla frana del Monte Toc, il valore di una testimonianza architettonica costruendoci sopra una piattaforma con un affaccio da cui osservare la diga. Il nuovo spazio di Casso è sede dal 2012 di un centro sperimentale per la cultura contemporanea della montagna, una sorta di cuore pulsante all'unisono con altre analoghe realtà delle Dolomiti, come ad esempio Borca di Cadore, il villaggio modello ideato da Edoardo Gellner, tutti eletti a progettare un nuovo ambiente per l'uomo, quello delle Dolomiti contemporanee, dove si ragiona sulle potenzialità di un paesaggio, mentale e fisico, attraverso l'intervento dell'arte contemporanea, dando ospitalità agli artisti, affinchè ne colgano nuovi aspetti e quindi lo esprimano e lo rigenerino in opere e rassegne di arti visive e musica.

Quanto al riavviamento di siti dismessi o abbandonati, passando a un altro lembo della nostra regione, tra le valli del Natisone a due passi dalla Slovenia, il festival giunto alla XXI edizione che nel mese di luglio anima Topolò, luogo di circa 29 abitanti, senza bar, negozi, o mezzi, magicamente qui richiama migliaia di persone. Stazione di Topolò/Postaja Topolove è dunque è l'ultima tappa di un viaggio nell' immaginario e nella creatività, partito grazie ai sogni e all'impegno di Moreno Miorelli e Donatella Ruttar: le stanze vuote delle case ospitano opere e installazioni, di musica, performance, video, film, e qui, ancora una volta è il luogo con le sue tradizioni e con la sua storia di confine a fare da sfondo alla sperimentazione dei nuovi linguaggi rinascendo a nuova vita nelle sere di mezza estate.

In tutto questo laboratorio continuo di idee e sperimentazioni artistiche, non va dimenticato il ruolo insostituibile del collezionismo che da privato si tramuta spesso in pubblico, grazie a un mecenatismo che ci auguriamo presto rinnovi i suoi fasti, avendo qui esempi illustri e antichissimi, a partire dal 1466 quando Guarnerio d'Artegna destinò alla sua comunità elettiva, San Daniele del Friuli, la sua preziosa biblioteca privata, tutt'oggi meta di studiosi da ogni dove, o emulando per esempio quello dei Sartorio la cui presenza aleggia intatta nella loro dimora triestina ora sede museale, mentre il confronto con l'arte contemporanea esalta il valore della memoria storica in Palazzo Lantieri a Gorizia, dimora privata che spesso si apre alla fruizione pubblica, sotto la forma emblematica di una ricomposta Mitteleuropa dalle superfici specchianti dell'installazione Skies di Pistoletto.

Un patrimonio dunque il nostro articolato tra musei, paesaggio, piccoli centri, grandi città, in continua evoluzione, un vero sistema linfatico che attende ancora un motore propulsore unitario per attivarsi con una strategia di sviluppo turistico e sociale che ponga al suo centro i beni culturali intesi come sistema: a questo potrebbe essere votata Villa Manin in quel di Passariano, che ben riassume nelle sue valenze di Villa Veneta, Parco e sede espositiva, nel cuore della regione, le opportunità di un dialogo costruttivo con il proprio territorio, come del resto Palmanova, concepita come fulcro di un più ampio pensiero sul dominio del paesaggio.

Un sistema che attende la nuova legge regionale sui Beni Culturali per superare l'attuale affanno che rischia di minare il ruolo istituzionale dei nostri musei, mettendo in atto la nuova riforma del ministero dei Beni e delle Attività Culturali che pone al centro il concetto di integrazione tra cultura e turismo, spingendo nella direzioni di poli museali dotati di autonomia ma integrati in un sistema che vede dialogare musei statati e non e anche ovviamente il privato, perché la cultura sia davvero una risorsa, in questo 2015.

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