Con Romina Basso si va in visita alle corti europee del Seicento

Da anni ha scelto di dedicarsi al Barocco, diventandone tra le interpreti di riferimento con esibizioni in tutto il mondo. Eccezionalmente, però, non trascura di cantare a Gorizia, dov’è nata e tuttora risiede. Romina Basso, mezzosoprano, venerdì 28 agosto sarà sul palco del teatro Verdi del capoluogo isontino in un appuntamento dal titolo “Se la musica fosse il cibo dell’amore”. Con lei, sul palco, il chitarrista Antonio Mesirca; di Walter Mramor la voce recitante.
Signora Basso, può presentare brevemente il concerto goriziano?
«Si tratta di un viaggio “sentimentale” nelle corti europee del Seicento: songs inglesi, ariette italiane e tonos spagnoli per raccontare le passioni umane con temperamento e delicatezza. Il tutto sapientemente impreziosito dall’arte della parola poetica, tra gli altri, di Shakespeare, affidata alla voce narrante di Walter Mramor».
Con Alberto Mesirca non è la sua prima esibizione. Quando e come nasce questo incontro?
«Ho conosciuto Alberto al Festival di Kuhmo in Finlandia anni fa. Aveva appena scoperto della musica sefardita a Istanbul ed io desideravo registrare un disco dedicato al repertorio spagnolo. Così è nato “Voces de Sefarad”, un cd e un programma di cui a Gorizia eseguiremo alcuni tra i brani che più amo».
L’interesse per la musica barocca da parecchi anni è notevolmente cresciuto. Per quali ragioni?
«Ci sono musicisti che hanno letteralmente messo le mani su manoscritti, tesori ritrovati, li hanno studiati, trascritti, registrati e portati nelle sale da concerto di mezzo mondo. La novità attira sempre e il pozzo da cui attingere è ancora tanto inesplorato. Fare parte di questo movimento di riscoperta è elettrizzante: l’energia che scaturisce dalla modernità di gran parte del repertorio antico è autentica e sincera. Credo sia per questo motivo che arriva direttamente al cuore e rimane nella mente di chi la interpreta così come di chi la ascolta».
Sempre riguardo al Barocco, c’è un autore che, per lei, merita di venire riscoperto o maggiormente conosciuto?
«Il primo Seicento è un vero scrigno: ovunque ci si rivolga - cappella musicale, corte, accademia - è altamente probabile imbattersi in Maestri che hanno fatto la storia della musica. Penso a Monteverdi su tutti ma anche a Alessandro Grandi e Natale Monferrato che gli hanno orbitato attorno a Venezia e di cui eseguo da qualche tempo dei mottetti concertati e delle antifone. Musica sacra vibrante, di altissima qualità e da far conoscere a un pubblico sempre più ampio».
Pensando all’opera, vengono subito alla mente Verdi, Puccini e Wagner ma non Purcell, Händel o Vivaldi. Cosa dovrebbe spingere, allora, un giovane cantante a cimentarsi in questo repertorio e non in quello?
«La curiosità e il coraggio. In virtù di una “moda” barocca, sempre più cantanti si avvicinano al repertorio per iniziare - diciamo così - con certa facilità una carriera che, diversamente, avrebbe più difficoltà a prendere la strada desiderata. Non lo dico in tono polemico, non sono una purista, anzi, sono l’esempio di una cantante lirica e cameristica che, una quindicina d’anni fa, ha virato verso l’antico. Ma l’ho fatto con coscienza e profonda convinzione. C’è una buona generazione di trentenni dediti al Barocco ma ritenere che Vivaldi o Händel siano autori più “facili” a garantire un ingaggio, trovo sia poco rispettoso nei confronti di una praxis, uno stile, una tecnica di emissione vocale che sono caratteristiche imprescindibili. Da studiare e non sottovalutare».
Repertorio impegnativo, insomma...
«La musica antica vive della sincerità del testo cui il suono si adatta, aria e parole che respirano nelle note: è un repertorio potente e diretto ma difficile, che attrae e ammalia ma mette alla prova continuamente, che si dona in toto e, proprio per questo, merita di essere amato per quel che è (tanto) e non come passe-partout. Ben vengano i giovani veramente appassionati con il coraggio di riscoprire anche il loro “io” più profondo. Com’è successo a me».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo