Sul confine orientale scende la notte: il nuovo libro di Pietro Spirito
Giovedì 6 febbraio alla Lovat di Trieste Spirito presenta il suo giallo storico uscito da Guanda. Una storia ambientata a Trieste negli anni della Guerra Fredda tra spie e golpe

«Una città lassù, in cima al Mediterraneo, con troppa storia, troppe lacerazioni, troppe guerre, troppa violenza, non può essere che un catino dove si mischiano vita e sangue di genti diverse fra loro». Trieste appunto, città con troppa storia. Lo scrive Pietro Spirito in “È notte sul confine” (Guanda, pag. 252, euro 18), giallo storico (sarà presentato giovedì 6 febbraio alla Lovat dallo scrittore Francesco De Filippo alle 18) che fa di Trieste una delle (diverse) sedi della Guerra fredda.
Siamo nel 1970 infatti, a pochi, pochissimi mesi da quello che passerà alla storia come golpe dell’Immacolata, ovvero il tentato colpo di Stato avvenuto tra il 7 e l’8 dicembre, organizzato da Valerio Borghese, ex comandante della X Flottiglia Mas.

La guerra è indubbiamente uno dei temi di Pietro Spirito, già finalista allo Strega con “Speravamo di più” (sempre Guanda). Ma ora l’autore si sposta nel periodo successivo, al tempo delle contrapposizioni politiche, ideologiche e militari che vennero a crearsi dopo il 1945. E lo ambienta a nord est. Due cose quindi: un mistero. E un confine. Lo dice il titolo, certo, un confine buio, tormentato, l’ambiente ideale per le forti contraddizioni e manipolazioni della storia a opera dei protagonisti di allora. A sintetizzare gli intrichi è il giornalista Ettore Salassi.
Giornalista sì, ma anche informatore del Sid, a servizio di un deciso colonnello che gli dà le linee guida. D’altra parte Salassi non è sempre stato un redattore. Ha un passato che preferisce dimenticare, da ex repubblichino. Ma ora siamo nel 1970. Un furiere di stanza in una caserma del Carso viene trovato morto, ripescato a Punta Sdobba, chi sia non è ancora chiaro, è chiaro invece che si tratta di un omicidio. Sarà questo il punto in cui inizia il mistero – indagato non solo da Salassi – e che ci porterà dritto al confine, ai fermenti e alle violenze che vi girano intorno.
E anche se tutto pare portarci a individuare un colpevole, la scrittura riesce a trarci in inganno, a sorprenderci con un colpo di scena. Merito indubbiamente del suo protagonista, che in tutto e per tutto corrisponde alla poetica dell’autore. Da sempre Spirito è dotato di una scrittura fluida, chiara, che non rinuncia allo stile. Così come il clima storico del romanzo non sacrifica il timbro esistenziale. Sì, insomma, siamo in piena Guerra fredda e altrettanto freddi sono i suoi personaggi. Ma attenzione, siamo a Trieste, città in cui, da sempre, era obbligatorio fare delle scelte. Da una parte quindi l’apparato militare e ideologico, nelle sue rigide convinzioni.
Dall’altra una planimetria umana che non può essere liquidata facilmente. Spirito non lo fa mai. Scava e allarga la prospettiva di un profilo psicologico che nonostante gli errori passati, o forse anche per quelli, ci coinvolge. Perché Ettore Salassi, come dicono tutti, a Charles Bronson assomiglia davvero, ma solo all’esterno.
Per il resto, anche se la sua vita non è esente da avventure, anche se più di una volta è stato costretto a impugnare un’arma, è un uomo che cammina accanto alle sue debolezze. E alle sue contraddizioni. I guai, di solito, gli si preannunciano con un ronzio nelle orecchie. Lo stesso ronzio che sente se si sta avvicinando a un pericoloso enigma o alla sua ex fidanzata. Così Spirito travasa storia e memoria in uno spettro a 360 gradi, perché Salassi è un animo piuttosto prensile. Gli ronzano le orecchie se è in pericolo di vita. Ma anche prima dell’incontro con una donna che ha “voluto” perdere, e non sa ancora perché. Un tipo distratto, strano, spesso entra in libreria per rubare qualche volume.
Ha un fornito bagaglio di sensi di colpa, piuttosto sostanziosi. Quindi eventi storici e amanti del passato concorrono alla sua personalissima lotta con la vita. E con la morte. Ma appunto, non c’è solo il passato. C’è un nuovo mistero, collegato a doppio filo al golpe Borghese. Un mistero al confine. E c’è una nuova donna, ancora più indecifrabile, Maja, una sorta di Mata Hari targata Slovenia. Ci sono fazioni di estrema destra, ma anche i Proletari in Divisa. E poi c’è Trieste, da Piazza Unità a via Udine, dal Molo Audace al Carso, luogo ideale per un Ettore Salassi qualsiasi, per chi è sperduto, appunto, per chi insomma «è così consapevole del proprio, esclusivo smarrimento».—
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