«Così parlo di fede con i non credenti. Mio marito compreso»

TRIESTE. Uno dei principali apologeti della fede cristiana di fronte al razionalismo, Blaise Pascal, sosteneva la necessità di comprendere l'interlocutore e, al tempo stesso, di esprimersi in modo a lui comprensibile. Muove da un sentire analogo il libro di Austen Ivereigh "Come difendere la fede - Senza alzare la voce" (Lindau, 2014, 18,50 euro) pubblicato in Italia nell'ottobre scorso: un volume volto a esprimere le posizioni cattoliche in termini accessibili alle sensibilità laiche contemporanee. Curatrice dell'edizione italiana è Martina Pastorelli, ex giornalista televisiva e co-fondatrice di Catholic Voices Italia (www.catholicvoicesitalia.it e @CathVoicesITA), ramo nostrano del progetto lanciato dallo stesso Ivereigh nel mondo anglosassone. Si tratta di un'iniziativa volta ad aiutare «i credenti a parlare in modo più efficace alla cultura contemporanea, sia attraverso i media che nella vita quotidiana».
Pastorelli, quale scopo si prefigge il libro?
«Il fine del libro e l'idea che sta dietro a Catholic Voices nascono da una constatazione. Molto spesso, si tratti di una pausa caffè o una cena tra amici, quando la conversazione cade su temi sensibili, come la famiglia o l'aborto, si formano due squadre: da una parte il credente, o il cattolico, dall'altra tutti gli altri. Il dialogo si interrompe ancora prima di cominciare e non si riesca mai ad andare al nocciolo della questione».
Come si supera lo stallo?
«Io l'ho sperimentato in prima persona: sono sposata con un non credente, per di più inglese, quindi allergico quasi per natura al cattolicesimo. Spesso sono stata chiamata in causa per la mia fede sulle questioni più attuali. All'inizio mi arrabbiavo, cercavo di spiegarmi senza riuscirci e si finiva per litigare. Poi mi sono imbattuta in questo progetto e in questo libro, in cui si espone un metodo per il dialogo fra credenti e non credenti. Ho iniziato ad applicarlo e questo mi ha permesso di iniziare a farmi sentire, superando il muro di diffidenza e pregiudizio».
Come funziona il metodo?
«Parte da un principio che Papa Francesco mette in pratica ogni giorno: innanzitutto bisogna essere umani. Le persone hanno bisogno di essere amate e comprese: se io riconosco l'intenzione positiva che sta dietro alla posizione altrui, per quanto ostile sia alla Chiesa, apro il canale per il dialogo. Spesso le critiche alla Chiesa partono da presupposti che di fondo sono cristiani, poiché la nostra società è imbevuta di cristianesimo: il più delle volte muovono da valori di libertà, giustizia, dignità della persona. Riconoscere reciprocamente la comune intenzione positiva è il primo modo per aprire un canale di dialogo».

Che cosa comunica un credente a un non credente?
«Quel che io trovo di più universale nel messaggio cristiano è la centralità dell'essere umano: la persona ha una sua dignità intrinseca incancellabile, ciò comporta dei diritti il primo dei quali è quello alla vita. Il rispetto della vita e della dignità dell'altro è la condizione di base perché la mia stessa vita non perda la sua dignità. Il metodo di Catholic Voices punta a far passare innanzitutto questo messaggio: credenti e non credenti non stanno su pianeti diversi ma hanno a cuore lo stesso obiettivo, la persona e i suoi diritti universali. Questo è un punto nodale: se si inizia a fare distinzioni in materia di diritti, prima o poi si finisce al disastro».
A volte sembra sia la Chiesa a fare distinzioni, però.
«Se a volte può sembrare che la Chiesa sia contro qualcuno, approfondendo la sua posizione si scopre che in realtà è a favore di un diritto più ampio. Ad esempio, il matrimonio fra omosessuali: la Chiesa non contesta l'affetto fra le persone, ma difende il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre. Oppure il suicidio assistito: la Chiesa è assolutamente contraria al dolore e alle inutili sofferenze. Però si pone il problema di dove si possa arrivare una volta che lo Stato ha stabilito per legge che una vita non più "dignitosa" può essere soppressa».
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