Cristicchi: "Ho trovato a Trieste una culla di memorie che inventano il futuro oltre ogni mistero"

TRIESTE Forse Trieste era una tappa predestinata nel percorso artistico di Simone Cristicchi. Il suo interesse per la malattia mentale e i manicomi era nato molto tempo prima di salire nella “città dei matti” di Franco Basaglia, fin da quando, da ragazzo, il cantautore romano aveva prestato servizio come obiettore di coscienza in un centro di igiene mentale. Parallelamente cresceva la sua passione per la musica e per i grandi autori della canzone italiana. È in questo momento che scopre la voce e le parole dell'istriano Sergio Endrigo e si innamora dei suoi brani.
Un po’ di anni più tardi, proprio a Trieste, Cristicchi avrebbe ritrovato alcuni dei suoi temi prediletti e ne avrebbe scoperti di nuovi, che gli avrebbero portato fortuna.
Quand'è stata la prima volta che è venuto a Trieste e che impressione le ha fatto?
Fui invitato al Premio Luchetta diversi anni fa, ma ho dovuto aspettare il 2011 per visitare a fondo questa città magica. Ricordo la Kleine Berlin, l’ex manicomio, la libreria Saba, e soprattutto il Magazzino 18 che mi colpì profondamente. Ho definito la mia città d’adozione “una culla di memorie che inventano il futuro”. Il suo fascino va al di là del tempo, è ancora un mistero tutto da scoprire.
Poi, conoscendola meglio, la sua opinione è cambiata?
No, affatto. La mia opionione su Trieste resta invariata, è un posto che ormai sento mio. A volte ho anche sognato di venirci a vivere.
C'è un libro ambientato a Trieste che le piace particolarmente?
Ho letto “Microcosmi” di Claudio Magris e ne sono rimasto ammaliato. Trovo magistrale il modo in cui Magris riesce a raccontare le piccole cose, i dettagli dei luoghi, le esistenze di persone importanti o di gente apparentemente insignificante. Questo libro è un capolavoro della letteratura italiana che non smette mai di stupire e di rivelare e che rileggerei ancora.
Se dovesse mandare una cartolina da Trieste cosa scriverebbe?
Prendendo a prestito un po' del dialetto e dello spirito locale scriverei: “Un abbraccio a tutti i cocoli dalla mia città del cuore!”
Che libri ha oggi sul comodino Simone Cristicchi?
Si tratta di saggi. Il primo è “Sapiens. Da animali a dèi: breve storia dell’umanità” di Yuval Noah Harari, un libro che parla della nostra razza umana, della sua incredibile evoluzione dovuta all'immaginazione, capacità che distingue l'uomo dall'animale, e di come oggi ci ritroviamo schiavi di consumismo, burocrazia e infelicità. Poi “Il potere di Adesso” in cui il maestro spirituale Eckhart Tolle guida il lettore all'illuminazione interiore e al superamento del dolore. E infine “La realtà sa di pane” di Luigi Verdi in cui un prete racconta le sue crisi, il modo in cui ha saputo trasformarle in momenti di crescita e poi affronta i grandi temi della vita.
Ha scritto diversi libri ma l'ultimo, “Abbi cura di me”, è diverso dagli altri, è rivolto ai bambini.
In realtà esistono due libri con lo stesso titolo. Il primo, edito da San Paolo, è un testo in cui Massimo Orlandi racconta il mio percorso artistico e umano. Il secondo è un albo illustrato edito da Lapis dedicato ai più piccoli. All’indomani dell’ultimo Festival di Sanremo, l’occasione in cui ho presentato la canzone omonima, ci siamo accorti che diverse scuole in Italia avevano adottato il testo del mio brano, lo studiavano in classe e ne scrivevano recensioni e riflessioni: così è nata l’idea di realizzare l’albo, con le bellissime illustrazioni di Simone Rea. In questo caso insieme a Nicola Brunati ho composto una specie di preghiera laica che inneggia al rispetto reciproco, alla felicità e all'armonia toccando temi a me cari come le fragilità, l'accoglienza, il perdono.
“Magazzino 18” è stato uno spettacolo di enorme successo che ha riportato alla ribalta del grande pubblico la vicenda dimenticata dei profughi istriani e del confine orientale e che ha innescato anche tante polemiche. Che importanza ha questo spettacolo nella sua carriera?
È stato fondamentale. “Magazzino 18” ha avuto davvero un successo straordinario e anomalo in tutti i teatri italiani, con quasi duecentomila spettatori totali di cui diciassettemila solo a Trieste. Un riscontro così non mi era mai successo nella mia carriera teatrale, e aldilà delle polemiche e delle strumentalizzazioni, sono fiero di aver raccontato questa storia a chi non la conosceva, restituendo dignità e voce a tanta gente.
Da cantautore ha una passione per Sergio Endrigo. Cosa le piace delle sue canzoni?
Mi colpisce il suo essere sempre fuori dal catalogo e la sua originalità: Endrigo era un artista che si reinventava sempre e che con le sue canzoni riusciva a parlare anche ai bambini, dote rara per un cantautore.
È stato allievo del grande Jacovitti. Che persona era?
Un artista molto rigoroso e generoso. Mi ha insegnato la tecnica per disegnare a china, ma soprattutto a trovare la mia unicità espressiva.
A parte il tour “Abbi cura di me” ha altri progetti in vista?
Sarò in tour nei teatro con “Manuale di volo per uomo”, spettacolo in cui interpreto un quarantenne rimasto bambino che possiede il potere speciale di riuscire a ingrandire i particolari e vedere ogni singola piccola cosa, anche la più piccola bellezza. A febbraio riprenderanno le repliche di “Esodo”, lo spettacolo di narrazione tratto dal precedente “Magazzino 18”: questa volta al centro ci sono i trecentocinquantamila italiani di Istria e Dalmazia costretti a lasciare le loro case, le loro storie e la loro tragedia. Un'altra mia incursione nelle vicende giuliano-dalmate. —
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