Debora Villa al Bobbio: «Le donne faticano il doppio se gli uomini vengono da Marte»

lo spettacolo
Due serate all’insegna della comicità al femminile. Debora Villa torna a teatro e sarà venerdì all’Auditorium Biagio Marin di Grado mentre il giorno successivo farà tappa, alle 20.30, al Teatro Bobbio, a Trieste, con lo spettacolo “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”. Scritto da Paul Dewandre e tratto dall’omonimo best seller di John Gray, questo titolo è famoso in tutto il mondo, ma la Villa è la prima donna a portarlo in scena.
Come ha affrontato questa sfida?
«È un testo molto famoso - risponde Debora Villa - ma ho deciso di cavalcare la tigre e ho accettato la sfida. È un testo bello, interessante, divertente e, in questo caso, squisitamente personale. Prima di me in Italia era già stato portato in Teatro da Paolo Migone, che lo aveva arricchito di contenuti suoi, ora io lo porto con dei contenuti miei. Non c’è denuncia nella mia visione, ma tanto divertimento. Io colpisco equamente gli uomini e le donne ma alla fine cerco di fornire anche gli strumenti per ricucire il rapporto nonostante le differenze che li contraddistinguono».
In televisione lei è stata la simpaticissima Signorina Patti di Camera Cafè, le manca mai quel personaggio?
«Patti mi ha dato tantissimo ma ora si è evoluta. Inizio a sentire il passare degli anni ma sono sempre io. Patti cresce con me anche perché io sono davvero così, faccio le facce strane anche al supermercato, mentre faccio la spesa. Patti era nata prima, in televisione è arrivata come l’evoluzione di un personaggio che portavo in giro da altri spettacoli. Non posso dire che mi manchi perché rimane sempre con me».
Dopo aver fatto televisione, cinema e scritto libri, torna a teatro. Dove si sente più a casa?
«A teatro, sicuramente. Mi piace vivere le emozioni dal vivo, giocare con il pubblico e ogni sera fare uno spettacolo nuovo. Voglio sempre guardare in faccia gli spettatori, avere la possibilità di confrontarmi con loro.
Ha vinto la prima edizione di Pechino Express. Come è stato?
«Devastantemente fantastico. Dal punto di vista fisico, della psiche e delle amicizie è stato stupendo. Mi spiace solo che non facciano mai vedere quello che accade nelle case in cui si trova accoglienza per la notte. Mi sono trovata a lavarmi con delle pentole piene d’acqua perché mancava la doccia o a dormire nei tetti con 50 gradi perché le persone accettando di offrire ospitalità ma non sempre hanno davvero posto da offrire».
Lei è stata anche una delle protagoniste dello Zelig, cosa ricorda?
«Era bello. Eravamo in tanti, tutti con una grande gavetta alle spalle e ci divertivamo. Io ho scelto di passare alle Iene e a Camera Cafè ma eravamo una macchina da guerra. Successivamente è cambiato molto, sono stati fatti dei laboratori per comici e la comicità ha preso una forma diversa. Penso che il comico debba sbagliare, scavarsi la strada, essere libero e anarchico, altrimenti si perde la poesia. Gino e Michele hanno saputo guardare almeno 20 anni avanti nel futuro ma nel fare questo hanno secondo me dimenticato che i comici nascono in locali brutti, sporchi e cattivi».
E per una donna, scegliere la strada della comicità è complicato?
«Una donna fa fatica il doppio per tutto. Il gap di genere c’é ovunque. Le donne possono rivelarsi brave ma gli uomini fanno scuola. Artiste come la Cortellesi, la Raffaele, la Dandini, sono bravissime ma alla fine i programmi vengono affidati agli uomini. Lo abbiamo capito ormai, talvolta noi donne abbiamo anche fatto degli errori, ma capita».
Nella sua carriera ha fatto di tutto. Cosa le piacerebbe provare di inesplorato?
«Mi piacerebbe fare più cinema e alcune fiction, magari delle serie televisive sulle donne che siano scritte da donne».
Eppure una fiction sulle donne lei la ha interpretata, quel “Così fan tutte” con Alessia Marcuzzi.
«Certo, e nonostante il progetto in Francia fosse nato da due donne, qui in Italia gli autori erano uomini. Il titolo originale era Vouz les femmes, voi donne, una provocazione». —
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