Denny Fiorino da Trieste all’India è diventato Kàartik e maestro di danza
Continua la nostra indagine sulla performance, espressione artistica di cui oggi si parla molto ma che risulta, per alcuni, ancora misteriosa. Nell'arte contemporanea la performance è un tipo di esibizione dal vivo davanti a un pubblico in cui possono essere coinvolti diversi linguaggi, come la danza, il teatro, il video, la poesia, il cinema. Oggi raccontiamo di un altro performer attivo a Trieste, Kàartik. Quando ancora si chiamava solo Denny Fiorino, il suo sogno era diventare attorem ma frequentando la Scuola di teatro di Bologna Galante Garrone ha una sorta di rigetto verso la parola e avverte per la prima volta la necessità di esprimersi piuttosto attraverso il corpo. Il performer che oggi si chiama Kàartik muove i primi passi nel mondo della performing art all'Accademia di Belle Arti di Bologna collaborando con alcuni artisti di body art.
«Il mio ruolo - racconta - era quello di latex fashion designer, in altre parole spalmavo i corpi dei performer con lattice liquido colorato disegnando loro speciali abiti teatrali direttamente addosso. Avevo capito di essere portato a unire insieme diverse discipline artistiche giocando in particolare sulle metamorfosi del corpo ottenute sia col trucco che col movimento». Precedentemente, a Trieste, Denny Fiorino ha studiato architettura e arredamento all'Istituto d'arte Nordio ricevendo le basi necessarie per progettare una scena. La svolta, però, avviene nel 2001 durante un soggiorno a New York: «Ero andato lì - dice - per formarmi nella danza contemporanea al Merce Cunningham Studio». Nel centro di performing art che porta il nome del grande danzatore e coreografo americano, creatore della post modern dance e pioniere dell'interazione tra danza, musica elettronica e perfomance, Fiorino scopre una nuova modalità di rapporto con il pubblico: «Le serate prevedevano che ogni spettatore avesse la possibilità di scegliere l'evoluzione della messinscena segnando su un foglio, appena entrato a teatro, la propria selezione e obbligando, di conseguenza, i performer ad essere pronti a interpretare differenti porzioni di esibizione. Questo mi ispirò molto».
Ma New York è l'occasione anche per approfondire lo studio dello yoga e al ritorno a Trieste Fiorino diventa vegetariano, assume il nome d'arte di Kàartik e apprende la danza classica indiana bharatanatyam dal maestro Ujwal Bhole, che seguirà poi anche in India. «Figlio di un famoso maestro di yoga, Ujwal Bhole mi ha insegnato ciò che mi interessava, cioè lo yoga più dinamico, che ho poi approfondito in una scuola a Pondicherry per sei mesi. Si tratta di uno dei pochi ashram che promuove la cultura indù e la sua filosofia e che permette di studiare sia la danza che lo yoga che il canto». Lo studio dà i suoi frutti e oggi la performance più intensa che caratterizza Kàartik, evolvendosi costantemente, è “Cinque Klesha”: vestito di luci al led e orpelli indiani e pop, ma pronto man mano a spogliarsi, l'artista esegue movimenti da danza tribale avvolto da suoni elettronici e videoproiezioni interpretando i Klesha, i veleni del cuore, cioè i mali dell'uomo che la filosofia yoga cerca di curare a livello sia fisico che emotivo: l'ignoranza, l'ego, il desiderio, l'odio e la paura della morte. Ma l'attenzione di Kàartik si è rivolta anche verso Trieste: nel 2014 progetta e coordina il complesso “NauTramBus”, spettacolo con attori dal vivo, video e installazioni allestito su un vecchio autobus di cui lui è il fumettistico capitano spaziale, una proposta per turisti e per triestini che si ispira al libro “Trieste o del nessun luogo” di Jan Morris che a distanza si è felicitata per l'originale iniziativa. Non secondaria è la sua attività di trainer: «Insegno in tre aree diverse: lo yoga, la danza e il movimento come pratica sportiva e creativa. L'ultima disciplina che ho scoperto e che propongo a Trieste è il bungee fly, che consiste in un elastico che pende dal soffitto con cui ci si lega a un'imbragatura in vita e questo dà la possibilità di saltare e di restare sospesi come quando si vola. È una pratica di danza semiaerea, acrobatica, che mi permette di esplorare nuove espressioni corporee». Reduce da Berlino dove ha preso parte a un servizio fotografico con il gruppo italiano Fade Out Label specializzato in fashion design per il riciclo dei materiali tessili, a settembre sarà a Venezia per una performance virtuale della compagnia inglese Punch Trunk all'interno della Mostra del Cinema: «È pensata per un solo spettatore che guarda un film in un visore con me presente lì dal vivo che mi calerò, di volta in volta, nei vari personaggi della storia».
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