Diego Kuzmin, l’architetto che fa parlare e rivivere i palazzi di Gorizia

Il personaggio
Il rito dello spritz culturale a Gorizia, nella centrale e fascinosa piazza Vittoria, l’architetto Diego Kuzmin lo celebrava ogni domenica mattina dopo la messa (degli altri). Era l’occasione per il reading della seguitissima rubrica “Punti di vista” che il professionista dandy pubblicava con cadenza settimanale sul Piccolo. L’iniziativa pubblica, facendo il verso a Hemingway, si chiamava “Dopo le campane” anche perchè a mezzogiorno quelle dei gesuiti facevano rumorosamente la loro parte. Gli intellettuali goriziani si radunavano al Wine Cafè di Ornella Drusetta e Ronald Bacic, d’estate all’aperto. L’architetto Kuzmin, con una vaga rassomiglianza all’attore Helmut Berger, faceva gli onori di casa e introduceva l’argomento lasciando il reading alla voce ben impostata, da cantante, di Pierluigi Pintar. In coda il dibattito e le conclusioni sul tema di natura architettonica o urbanistica proposto dall’autore. Di questo piacevole appuntamento, soppresso perchè - sostiene Kuzmin era diventato una faticaccia - restano due libri o meglio due antologie che raccolgono gli articoli della fortunata rubrica di Kuzmin. Adesso è uscita la seconda, “Punti di vista 2006-2008” (Edizioni della Laguna, pagg 304, 30 euro) che abbraccia un arco temporale che va dal 2006 al 2008. Seppure in maniera saltuaria, la collaborazione di Kuzmin con il giornale era cominciata già nel 1999 ma solo nel 2004 aveva trovato una sua definitiva collocazione con “Punti di vista” che ancora oggi costituisce un valore aggiunto dell’edizione domenicale del Piccolo. L’architetto ha trovato una chiave tutta sua per raccontare Gorizia in ogni suo angolo recondito attraverso la descrizione dei sui palazzi, delle ville più belle o che hanno una storia particolare e dei monumenti.
L’architetto riesce a far parlare quegli edifici, a renderli vivi arricchendo il racconto con una pletora di dettagli, senza mai tralasciare chi vi dimorava. Una rubrica stimolante, sorretta dall’occhio curioso ed esperto di Kuzmin al quale non è mai venuta la tentazione di dare stucchevoli lezioni di architettura. Semmai “Punti di vista” ha fatto riscoprire ai goriziani scorci della città dimenticati o poco conosciuti spingendosi anche in periferia. E la periferia di Gorizia, guardando verso Nord, non è altro che la Slovenia. Frequenti le “fughe” transfrontaliere di Kuzmin, vero esploratore dell’Isontino. Per chi non è di Gorizia, è invece l’occasione per prendere confidenza con questo territorio ricco di storia e di arte affidandosi all’uomo che sussurrava ai palazzi. L’architetto, che vanta collaborazioni con Soprintendenza e con prestigiose riviste del settore, è a volte afflitto da una sorta di “pigrizia intellettuale” che non gli ha permesso di regalarci tanti volumi. Ma ha in giacenza ancora così tante rubriche pubblicate sul Piccolo (dal 2010 al 2020) da poter sfornare antologie da qui all’eternità...
Nel libro convivono il presente e il passato della città sempre ben coniugati. Si va dall'ascensore di Max Fabiani per il Castello di Gorizia (progetto datato 1935 e i goriziani sono ancora lì che lo aspettano) al Seminario minore del frate architetto Anselmo Werner al Corso Francesco Giuseppe. Capitoli molto godibili sono quelli dedicati alla funivia per il Monte Santo, alla Casa Pecile di Silvano Baresi e all’ ottocentesca piazza Coronini a Timisoara. Non potevano mancare l'orologio di piazza Cavour (per il semplice motivo che la piazza era nata da un progetto dello stesso Kuzmin) e Nicolò Pacassi e il distrutto palazzo Attems di Podgora. Più volte citato è il “posto delle fragole” di Gorizia, quell’incantevole via Rastello che si anima a intermittenza come un albero di Natale.
Come dessert può starci il delizioso capitolo sui bordelli goriziani di una volta. A Gorizia alla fine dell'Ottocento ce n’erano due: quello dei ricchi in via Trieste e quello per i poveri, in piazza Cristo, progettato da un giovane architetto Antonio Lasciac, per conto di una tenutaria austriaca. Negli anni ci fu poi la protesta del vescovo al comune, per il fatto che il luogo veniva chiamato il casin del Cristo, stando sulla piazza omonima. Che fare da parte del comune? Chiudere il bordello non si poteva, così hanno soppresso la piazza Cristo, che adesso è un incrocio tra via Favetti, Giustiniani e Corsica. —
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