Don Giovanni sul lettino dell’analista più che seduttore è un “principe nero”

Elisabetta de Dominis

Lo psicanalista Fabio Galimberti ha steso Don Giovanni sul lettino e, ohibò, si è accorto che non è un seduttore in carne ed ossa, ma solo un fantasma, nato da un sogno femminile. E allora cosa rappresenta per una donna? L’incarnazione perfetta del maschile letterario che lei ha in mente. L’uomo dei sogni, che la donna vuole vedere nella persona che ha scelto. Ma molto presto si accorgerà che non è il principe azzurro, bensì il principe nero che l’ha ingannata per toglierle l’onore.

In “Il principe nero. Don Giovanni, un sogno femminile” (Mimesis, pagg. 214, 22 euro), Galimberti indaga come questo personaggio teatrale sia finito nella psiche femminile rovinando la sua vita reale.

Chi è Don Giovanni? Un ingannatore con scarse doti di seduzione, eppure è considerato un seduttore perché fa perdere la testa. Gli piacciono le donne degli altri con una reputazione da difendere. Non ha preferenze però: va a donne come va al lavoro, l’importante è accrescere l’elenco delle sedotte. Eppure fa sentire qualsiasi donna unica, non paragonabile ad alcun’altra. È capace di ‘creare la femmina’, perché ha in sé connotazioni femminili come la sensualità, la volubilità, la seduttività, l’incostanza, il mascheramento in cui la donna si rispecchia e si identifica. Eppure dopo averle fatto assaporare la massima illusione, la fa precipitare in un’immensa delusione.

Seduzione, idillio, abbandono ovvero la storia di un rapporto brevissimo, che dura lo spazio di un incontro sessuale, ma che trascina in una sofferenza che può durare una vita intera.

Secondo Fabio Galimberti «Don Giovanni non è soltanto il mito femminile dell’avvento della sessualità, ma è anche il mito fondativo della psicanalisi», perché è dalla fantasia di seduzione che Freud capisce che deve dare valore ai fatti della ‘realtà psichica’. Ci sono donne che, pur provenendo da famiglie amorevoli e da un rapporto idilliaco con il padre, scelgono dei dongiovanni che devastano le loro esistenze. Essi emulano Don Giovanni perché è il loro modello nel rapporto con le donne. Lei vorrebbe il supermaschio, lo stallone, lui invece ha un calo irrimediabile del desiderio, perché il fine non è il piacere ma la conquista.

A questo punto Galimberti mette sul lettino la donna sedotta. E si chiede se il fantasma di Don Giovanni non sia stato per lei lo strumento per liberarsi dall’influenza della famiglia patriarcale, che l’ha considerata un ‘bene’ di scambio. Una donna quando si sposa lascia la mano del padre per affidarsi a quella del marito. Ma non esce dal dominio maschile. Invece il dramma della trasgressione con Don Giovanni conduce alla perdita del padre e di conseguenza all’emancipazione femminile. La figlia non resta la bambina del padre, ma cresce disonorando il padre. Tuttavia il seduttore l’abbandona, ponendola di fronte alla scelta di separarsi psicologicamente anche da lui, se vuole davvero compiere una scelta responsabile. Solo allora la donna si risveglierà dal sogno e Don Giovanni svanirà. Andare oltre il padre, rinunciare alla sua protezione, è uno dei compiti più ardui e dolorosi, però è l’unico modo per non idealizzare il maschile e farne un secondo padre. È l’unico modo per essere un’altra donna, non da conquistare, ma una donna nuova, inventrice di se stessa e della propria femminilità. —

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