Donne protagoniste nell’800 il viaggio inizia con Ruth e finisce con la Gauthier

il percorso
Un ’800 inatteso, per certi versi inedito, proposto con non troppa retorica e con tutta la bellezza e le contraddizioni di un secolo tormentato, come mai prima si era potuto esplorare: è quello che emerge dalla grande mostra da poco inaugurata ai Musei San Domenico di Forlì, curata da Fernando Mazzocca e Francesco Leone con il coordinamento di Gianfranco Brunelli. “Ottocento. L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini” attraverso 94 artisti e 150 opere tra dipinti per la maggior parte di grandi dimensioni e diverse sculture di varia provenienza, presenta lo straordinario scenario artistico del periodo compreso tra l’Unità d’Italia e lo scoppio della prima guerra mondiale, quando artisti e intellettuali si ritrovarono gli uni accanto agli altri impegnati nella costruzione di un’identità nazionale.
Tra pittura di storia passata e contemporanea, letteratura e mitologia, denuncia sociale, paesaggi, ritratti e vita moderna si attraversano le principali correnti del romanticismo e del realismo, della pittura macchiaiola, di quella simbolista sino a giungere alle soglie del Futurismo, in un unico, eccezionale racconto, epico e familiare allo stesso tempo.
La figura biblica di Ruth dipinta da Francesco Hayez apre il percorso accogliendo il visitatore con la sua aria sensuale e riflessiva insieme. È quasi un avvertimento: in questa mostra la donna avrà un ruolo non secondario. Dopo i dipinti aventi per soggetto episodi biblici e di storia medievale scelti dagli artisti a esaltare sentimenti patriottici attuali, si incontrano i protagonisti della politica e della cultura: da Garibaldi a Mazzini, Cavour, Vittorio Emanuele II, Carlo Alberto, Verdi, Puccini, Mascagni, fino a Carducci e D’Annunzio dipinti con attenzione da Corcos, Puccinelli, Lega, lo stesso Hayez; o scolpiti con la forza della verità da Gemito e Moneta.
I momenti più significativi del Risorgimento vengono narrati nelle grandi tele di Induno, Faruffini, Cammarano, ma anche nelle opere più contenute dei macchiaioli come Fattori di cui è presente l’assoluto capolavoro “Lo staffato”. Il dipinto “Cucitrici di camicie rosse” di Borrani e la scultura “La vedova” di Bazzaro raccontano quindi l’altra faccia, quella tutta femminile, della storia.
Così come un’altra faccia ancora è quella riguardante la questione sociale, il lavoro, le condizioni di povertà ed emarginazione affrontati in diverse opere in mostra tra cui spiccano i dipinti “L’alzaia” di Signorini ed “Emigranti” di Tommasi, i bronzi “Il minatore” di Butti e “I parassiti” di Dorsi.
Lo sguardo si distende poi nella bellezza del paesaggio italiano tra mari, monti, campagne e nella varia società su cui si soffermano gli artisti curiosando tra nobiltà, alta borghesia, teatro e letteratura. E tra la Regina Margherita di Bertini, Lyda Borelli di Canonica, Eleonora Duse di Kaulbach, troviamo anche la “Margherita Gauthier” di Scomparini prestata dal Museo Revoltella di Trieste.
A chiusura del percorso espositivo viene ricordata la “Mostra del Ritratto italiano dalla fine del sec. XVI all’anno 1861” che si tenne nel 1911 a Palazzo Vecchio di Firenze per il cinquantenario dell’Unità d’Italia, ideata e curata da Ugo Ojetti. Nella sala che ne ripropone alcuni significativi pezzi, viene citato il critico triestino Giulio Caprin il quale, recensendo la mostra fiorentina sulle pagine della rivista “Emporium”, scrutando attentamente i volti ritratti, aveva osservato: «Non tutti hanno fisionomie da riuscir simpatiche alla prima, ma anche le facce antipatiche ci guardano con i segni di una parentela innegabile. Ora di buona grazia, si sono tutti adattati a far festa per la libertà d’Italia, principi spagnoleggianti e austriacanti, papi nepotisti e nipoti di papi, cortigiani indifferenti ed eruditi seccanti, ma anche belle dame arridenti d’amore».
I ritratti di Balla, Boccioni, Bocchi aprono infine al nuovo secolo. L’esposizione rimarrà aperta sino al 16 giugno (catalogo Silvana Editoriale). —
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