Dosso Dossi, l’eccentrico del Rinascimento

TRENTO. Da poco concluse la mostra fiorentina su Pontormo e Rosso e quella di Conegliano con il suo "Cinquecento inquieto", un'altra interessantissima rassegna si è recentemente inaugurata venendo ad illustrare ulteriori, inediti aspetti del Rinascimento italiano. "Dosso Dossi. Rinascimenti eccentrici al Castello del Buonconsiglio" è infatti il titolo dell'esposizione allestita a Trento, ideata dalla Galleria degli Uffizi di Firenze nell'ambito del progetto "La città degli Uffizi", che intende riallacciare i fili tra le opere conservate nella città toscana e i territori, i contesti culturali, di loro riferimento. Ben dieci sono infatti le opere prestate dall'istituzione fiorentina al Castello di Trento.
Se la mostra del '98 tenutasi a Ferrara, poi portata a New York e Los Angeles, andava ad indagare i rapporti tra l'artista ferrarese e la corte estense, questa del Buonconsiglio, curata da Vincenzo Farinella, grande esperto dell'opera dossesca, ricostruisce l'intero scenario che vide lo stesso pittore lavorare a servizio del principe cardinale Bernardo Cles, grande umanista, amico di Erasmo da Rotterdam, consigliere degli imperatori Massimiliano I e Carlo V, profondo ammiratore di Dosso Dossi.
Proprio in seguito alla fama conseguita presso gli Este, nel 1531 Dosso viene chiamato dal cardinale Cles per il quale affrescherà 19 ambienti del Magno Palazzo, venendo pagato il doppio rispetto ai colleghi Fogolino e Romanino. In quelle stesse sale affrescate insieme a suo fratello Battista, si articola l'esposizione che ripercorre le principali tappe della sua carriera artistica, mettendolo a confronto con le diverse suggestioni che hanno variamente influenzato e arricchito il suo stile.
Gli inizi indicano un legame con la pittura veneta di Giorgione e Tiziano, dei quali in mostra vengono rispettivamente proposti l'"eccentrico" Suonatore di liuto e il raffinato Ritratto di un cavaliere di Malta.
Allo stesso tempo pare potersi ravvisare, qua e là, una certa curiosità nei confronti della cultura nordica e in particolare di Altdorfer e Dürer.
Se sulla formazione del Dosso si è sempre molto dibattuto, è certamente alla corte ferrarese, dove si trova a partire dal 1513, che il pittore ha modo di raffrontarsi con il genio di Raffaello e di Michelangelo. Guardando alla loro arte ha modo di confrontarsi pure con la cultura classica che, in forma assolutamente originale, egli porterà a Trento. L'idea di Bernardo Cles, il quale, come nota Farinella in catalogo, "poteva vantare legittime aspirazioni pontificie", era infatti quella di "trasportare, per così dire, Roma sulle Alpi", richiamandosi più o meno esplicitamente ai Palazzi Vaticani e ad altri modelli decorativi romani.
Anche nei dipinti presenti nell'esposizione Dosso si rivela originale interprete dei grandi e dei miti del Rinascimento. Dalle riprese della Madonna di Foligno di Raffaello ravvisabili nel paesaggio dell'Apparizione della Madonna con il Bambino ai santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista e nello sfondo del San Giovanni Battista (dove si manifesta improvviso un meteorite incredibilmente moderno nella matericità della sua pasta cromatica), alla rimeditazione degli ignudi di Michelangelo in opere come il Sapiente con libro. I miti classici vengono quindi raccontati in autentici capolavori come l'Apollo musico e Dafne, scelto a immagine della rassegna, o Giove pittore di farfalle, dall'intricatissima vicenda esegetica.
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