E Frankenstein risorge all’Opera di Firenze

Domani al “Goldoni” il melodramma giocoso in un atto su libretto dello scenografo e costumista triestino Andrea Stanisci
Di Corrado Premuda

Un mostro musicale, una creatura che ha il cuore di Rossini, il cervello di Mozart e le unghie di Puccini. Un'opera moderna che come il personaggio di Mary Shelley, struggente emblema del diverso, emoziona, fa sorridere e a tratti spaventa. S’intitola “Il Frankenstein, ovvero l'amor non guarda in faccia” la nuova produzione dell'Opera di Firenze che debutta domani al teatro Goldoni del capoluogo toscano, un melodramma giocoso in un atto con le musiche di Michele Della Valentina e Aurelio Scotto, diretto da Nicola Paszkowski, per la regia di Gabriele Duma. Autore del libretto, insieme a Duma, è Andrea Stanisci, scenografo e costumista triestino impegnato da anni in spettacoli in tutta Italia compresi il teatro Rossetti, la Contrada e Mittelfest. Stanisci, che in quest'opera firma anche scene e costumi, è un appassionato dei capolavori della lirica e negli anni Novanta ha pubblicato con Gl'Istrici di Salani due libri, “Aida. La spada di Radames” e “Don Giovanni: doppio giallo”, storie divertenti e avventurose pensate per avvicinare i bambini all'opera. Anche con “Il Frankenstein” si tratta di una riscrittura. «Con Gabriele Duma - dice Stanisci - lavoro da anni a spettacoli riscritti. In questo caso la nostra opera è volutamente un pasticcio musicale: gli autori della musica hanno formazioni diverse in quanto Michele Della Valentina viene dal jazz, mentre Aurelio Scotto ha una formazione classica. Su una base di musica originale hanno inserito citazioni da una trentina di opere mescolando melodia, parole e ruoli dando vita a una vera e propria creatura nuova». «Drammaturgicamente - continua Stanisci - abbiamo cambiato e spostato gli spunti elaborando una composizione a collage in cui emergono mille differenti sfaccettature. Il gioco, non solo per i melomani, è quello di riconoscere gli accenni a brani celebri perché le melodie di arie famosissime sono cantate su nuovi testi ed inserite in situazioni completamente diverse da quelle originali».

Ed ecco che "Il Frankenstein" prende vita dalle tessere di un puzzle che comprende i capolavori del bel canto italiano, le opere di Wagner e Stravinsky e il Singspiel di Kurt Weill e per il testo, tutto in versi, s’ispira alle allitterazioni, alle finte rime e alle assonanze dei libretti di Rossini e di Arrigo Boito. Il cast, capitanato da Rim Park, Chiara Mogini, Tommaso Barea e Giada Frasconi, si divide i ruoli principali del dottore, della sua fidanzata e della creatura. Ma, a sorpresa, in scena ci sono anche i Pezzi Scartati, quelli che nell'assemblaggio del mostro non sono stati usati e che parlano dicendo ognuno un pezzo di frase e inserendo qui e là parole straniere. Un atto dissacrante per i puristi dell'opera? «Assolutamente no - risponde Stanisci - non c'è nulla di irriverente, il nostro è un omaggio affettuoso e sincero a tre cose che tutti amiamo perché parte fondamentale della nostra vita: il teatro, la musica e l'opera. Direi anzi che la fiducia nella materia dell'opera è la spinta fondamentale che ci guida. Spesso sono le finte tradizioni della messinscena che diventano una zavorra per i grandi classici del teatro musicale». E per quanto riguarda le scene e i costumi? «La scena è molto semplice - risponde il librettista - ma è splendidamente arricchita dalle luci di Tiziano Ruggia, ci sono tubi che pendono e grandi teli di plastica che vogliono ricreare l'ambientazione di un laboratorio ma che alludono anche, in maniera meno evidente, all'interno del corpo umano. I costumi, invece, vengono da pezzi di abiti presenti negli enormi magazzini dell'Opera di Firenze: sono andato alla ricerca di tutto ciò che mi ispirava, bustini, tuniche, cappelli, e ho scelto anche qui di assemblare i capi abbinando costumi già esistenti con accessori contemporanei e pezzi del Cinquecento».

Un melodramma giocoso che nasce dalla combinazione di brani di vari autori come il “pastiche”, un genere che ebbe molta fortuna a cavallo tra Settecento e Ottocento, e allo stesso tempo proprio come il mostro di Frankenstein che è formato da parti di diversi cadaveri. Si tratta di un'ennesima metamorfosi del capolavoro di Mary Shelley, amato dal cinema di ogni epoca, che vuole rivolgersi anche a un pubblico giovane e di scolaresche. Dice ancora Stanisci: «I nostri spettacoli vengono proposti anche ai bambini, di mattina: ad una iniziale risata che accoglie i protagonisti quando si mettono a cantare in un modo tanto insolito per loro, i bambini rispondono poi con una grande attenzione e con un divertimento spontaneo».

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