È “Hitlermania” e il Führer fa il divo sullo schermo

BERLINO. Per vaste parti del globo, Hitler, anche se austriaco, resta il tedesco più famoso della storia. Lo è in America e in Russia, mentre nel resto del mondo la parola tedesca più conosciuta è “nazi”. Non meraviglia quindi che il Führer sia ancora oggi un articolo commerciale molto gettonato. In Germania, dopo infiniti documentari, film, libri, si assiste a un revival, una curiosa ‘Hitlermania’. Il 4 gennaio, scaduti i diritti d’autore della Baviera, che ne vietava finora la pubblicazione, esce per la prima volta un’edizione critica del “Mein Kampf”, il manifesto politico scritto da Hitler nel 1925, a cura dell’Istituto di Storia di Monaco. In tema di elaborazione del passato, la Germania candida poi come proprio contributo all’Oscar il film dell’italo-tedesco Giulio Ricciarelli “Im labyrinth des schweigens” (‘Nel labirinto del silenzio’ ma il titolo internazionale è “Labirinto delle bugie”) sui primi processi su Auschwitz, svoltisi negli anni ’50 a Francoforte. Quest’anno è anche arrivato sugli schermi il film “Elser”, su un fallito attentato a Hitler, di Oliver Hirschbiegel, il regista del film sugli ultimi giorni di Hitler nel bunker a Berlino, Der Untergang (La Caduta), che ha riscosso ovunque grande successo.
Da pochi giorni è uscito un altro film su Hitler, che si annuncia come un altro grande hit: “Er ist wieder da” (è tornato) di David Wnendt. È una satira politica fra fiction e reality, presa dall’omonimo best-seller di Timur Vermes. 70 anni dopo la morte, Hitler si risveglia davanti al bunker dove si è suicidato assieme a Eva Braun: le prime immagini lo mostrano in uniforme nazista per terra fra i cespugli dei casermoni di Berlino est. Si ritrova spaesato in una Berlino che non riconosce. Il primo ad aiutarlo, credendolo un barbone, è il proprietario di un chiosco di giornali che lo mette in contatto con una tv tramite un intermediario. Dai giornali Hitler apprende di una Germania che non conosce, e non gli piace: turchi, stranieri, la Merkel e l’euro. La tv, credendolo un commediante squilibrato, fiuta l’affare e gli offre uno show. Hitler accetta per potere così viaggiare e sentire il polso del Paese.
Il film è costruito in forma in parte documentaria – dove il protagonista (uno strepitoso Oliver Masucci del Burgtheater a Vienna) interagisce con la gente per strada (con effetti in alcuni casi inquientanti) – e in parte come finzione. Sono queste le scene più riuscite e comiche. All’intermediario dal nome polacco Sawatzki, Hitler si rivolge dicendo: «persino la Polonia, mi potevo risparmiare la guerra». La Merkel è un lacrimevole “salice piangente” e i tanti turchi gli fanno venire un dubbio: «ma che la guerra l’ha vinta l’impero ottomano»? Dagli scambi dal vivo, la reazione della gente, fra il divertito e il serio, è invece per lo più di consenso. Che si tratti di stranieri, democrazia, lavoro o Islam, molti tedeschi sono d’accordo con Hitler e sarebbero pronti a rivotarlo come nel ’33.
Flaminia Bussotti
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