“E la nave va” arriva restaurata al Film Festival: Fellini fu ispirato da una visione a Trieste

La rassegna in programma al Rossetti e al Miela dal 17 al 23 gennaio dedica varie iniziative al regista romagnolo e una prima assoluta 

TRIESTE Neppure Trieste Film Festival si sottrae alla giostra di celebrazioni che quest’anno accompagneranno il centenario della nascita di Federico Fellini, il “maestro” per eccellenza, colui che più di chiunque altro ha saputo inventare un universo visivo unico e inimitabile, immortale, riconosciuto e ammirato a ogni latitudine del globo (anche a Est). Nato il 20 gennaio 1920 a Rimini, il regista romagnolo è stato senza dubbio uno dei più visionari protagonisti della settima arte. In grado come pochi altri di cogliere lo spirito del Novecento italiano, ha saputo rileggerne e trasfigurare gli eventi sotto una sua personalissima lente, onirica e surreale, umoristica e irriverente, ma anche nostalgica e poetica, capace di attraversare il tempo arrivando intatto al presente influenzando e affascinando più di una generazione di cineasti.

Mentre nella sua città natale si lavora all’allestimento di un Museo internazionale che gli sarà intitolato a fine anno e nel resto del paese si moltiplicano gli omaggi, le rassegne e le iniziative che occuperanno tutto il 2020 (a cominciare da “Fellini 100 Genio Immortale. La mostra”, inaugurata a metà dicembre a Castel Sismondo per proseguire in primavera a Roma e poi varcare i confini nazionali con esposizioni a Los Angeles, Mosca e Berlino) a Trieste (dove al Magazzino delle Idee, fino al 1° marzo si possono vedere le fotografie di scena de “La Dolce Vita” e “8 e ½”) è attesa invece l’anteprima assoluta della copia restaurata di “E la nave va” in collaborazione con la Cineteca Nazionale – Centro Sperimentale di Cinematografia. Ma non solo. Tra il 17 e il 23 gennaio, durante l’intera durata della manifestazione al Rossetti e al Miela, il festival triestino mette in campo un programma di eventi intitolato “Fellini East West” pensati non solo come omaggio, ma anche come contributo alla conoscenza di aspetti ancora poco indagati intorno alla figura del Maestro di Rimini: un testo inedito dello storico Naum Kleiman alla scoperta di gustosi aneddoti che rendono conto delle relazioni non sempre facili tra Mosca e Fellini; una piccola ma significativa mostra di dieci manifesti originali dell’epoca che accompagnarono l’uscita in Polonia di capolavori come “La Dolce Vita” o “Il Casanova”; un’intervista di Matej Mináč, giovane regista della Cecoslovacchia comunista, quella che avrebbe dovuto essere solo la prima all’interno di un ritratto cinematografico più lungo e che finirà per ispirare una commedia “Never Give Up”, attualmente in produzione, suggerita dal suo periglioso viaggio per intervistare Fellini; e – dulcis in fundo – un’ulteriore sorpresa i cui dettagli, però, saranno svelati nei prossimi giorni. «Siamo davvero felici – spiegano i direttori artistici del festival Nicoletta Romeo e Fabrizio Grosoli – che, per una fortunata coincidenza di date, il nostro sia il primo appuntamento del 2020 a celebrare Fellini, per di più proponendo “E la nave va”, il suo film che, a partire dalle lingue in cui è girato (italiano, serbo, russo, tedesco), ci riguarda più da vicino, come festival e come città. Un film che, nel racconto della fine di una civiltà, ci chiama in causa tutti, con la forza di un’opera profetica».

Era il 1983 quando il cineasta romagnolo incantava e stupiva con questa sua singolare opera lirica e sognante scritta a quattro mani con Tonino Guerra, una delle opere più mature della sua filmografia. Lettura lucida e pessimista della società e del suo inesorabile declino, ma anche un raffinato racconto meta-linguistico, un viaggio a ritroso nelle forme del racconto cinematografico. “E la nave va”, felliniano sin dal titolo, esplicito sin dal manifesto che ne accompagnò l’anteprima a Cannes, deve molto all’immagine imponente di una nave, quella silhouette sinuosa e possente che appartiene in toto all’universo creativo del regista. Un’immagine che – a quanto pare – si è impressa nella sua mente proprio a Trieste, durante una visita negli anni Sessanta, stando al racconto emerso in diverse occasioni nel ricordo di Tullio Kezich e Callisto Cosulich. È qui, infatti, che Fellini sarebbe rimasto letteralmente folgorato da un transatlantico ormeggiato in porto alla vigilia del suo viaggio per le Americhe. Folgorato al punto da insistere non poco con i critici triestini, assieme a lui all’Hotel Savoia, per convincerli a trovare la maniera di salire a bordo della nave per visitarla. Non ci fu modo di ottenere l’autorizzazione e il transatlantico, nella notte, salpò prendendo il largo.

Ma quell’immagine osservata dal Molo Audace, quel gigante di ferro che lentamente e con eleganza scivolava illuminata sul mare, gli rimase impressa per sempre, tornando a ispirarlo a più riprese. Nella maniera libera e trasognata che è stata sempre il suo marchio di fabbrica. È assodato che la nave illuminata abbia ispirato la messa in scena del transatlantico Rex di “Amarcord”, nella sua immaginaria risalita del Mar Adriatico. Ma l’idea della nave torna a far capolino negli anni Ottanta in una versione diurna e più astratta, immersa nella nebbia: è la sagoma maestosa e solenne del “Gloria N.”, simbolo di un mondo che fu (e in procinto di affondare). —


 

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