È l’epoca degli eco-scrittori

Niccolò Scaffai esamina in un saggio il rapporto tra letteratura e difesa dell’ambiente 

Per molti scrittori italiani, l’ecologia è stata una chiave per illustrare questioni storiche e sociali. È stato il caso, ad esempio, di Pier Paolo Pasolini, che tendeva a interpretare le dinamiche socio-economiche come alterazioni di un ecosistema. Pasolini ha parlato di una «mutazione antropologica» della società italiana che, dagli anni Sessanta in poi, avrebbe annullato le differenze nei comportamenti e nei desideri tra individui di classi e ideologie diverse. Per illustrare questa dissoluzione della "biodiversità sociale", Pasolini ha fatto ricorso a immagini ecologiche: pensiamo al famoso articolo sulla scomparsa delle lucciole, del febbraio 1975, uscito nel «Corriere della Sera» (e poi raccolto negli Scritti corsari).

Lo ricorda Niccolò Scaffai, docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all'Università di Losanna (Svizzera), nel suo ultimo libro, “Letteratura e ecologia. Forme e temi di una relazione narrativa” (Carocci, pagg. 272, euro 26,00). Il saggio spiega come le questioni ecologiche occupino uno spazio centrale nell'esperienza e nell'immaginario della contemporaneità. L’ecologia è divenuta una struttura di senso, rispetto alla quale individui e società orientano i propri valori e costruiscono le proprie rappresentazioni. In tale contesto, la letteratura ha un ruolo essenziale: l’idea di ambiente e le forme di relazione tra uomo e natura, infatti, sono state fissate specialmente attraverso i testi letterari.

«La montagna - spiega l’autore - è uno dei paesaggi a cui più spesso gli scrittori si rivolgono per esprimere l'idea di un contatto profondo con la natura: si pensi, oltre che a Rigoni Stern, al recente "Le otto montagne" di Paolo Cognetti e ai numerosi romanzi e scritti di Mauro Corona. Da frequentatore della montagna, Corona tende nei suoi libri a rappresentare quell'ambiente come un'alternativa, etica ed ecologica insieme, alla civiltà urbana».

Tra gli autori italiani dell'area nord-orientale, un importante scrittore cui fa riferimento il suo libro è proprio Mario Rigoni Stern...

«Nell’opera di Rigoni Stern - risponde Scaffai - la memoria della Seconda guerra mondiale si rispecchia nella memoria dei luoghi, come l’Altopiano di Asiago di cui lo scrittore era originario. La natura di quelle terre conserva i segni dei passati eventi, che hanno lasciato tracce e modificato durevolmente l’ecosistema. In Uomini, boschi e api (1980), per esempio, Rigoni Stern assume il punto di vista di un io ancora desideroso, sì, di una natura da contemplare, ma non in modo passivo. La coscienza dell’idillio è per lo scrittore anche una forma di responsabilità ecologica, che lo spinge a spiegare le conseguenze delle azioni umane subite dalla natura».

Invece Andrea Zanzotto come tratta il tema della natura?

«Il paesaggio è un tema cruciale sia nella poesia sia nei saggi di Zanzotto. Alla base di questi scritti c’è un’idea straniante: solo quando mettiamo in discussione il punto di vista antropocentrico possiamo davvero capire i luoghi, vederli al di là delle proiezioni localistiche dietro i quali li nascondiamo. È per la capacità di esprimere una comprensione profonda dei luoghi, che gli scritti di Zanzotto possono dirsi davvero "ecologici"».

Perché possiamo definire l'ecologia come una "narrazione"?

«Una narrazione sviluppa una trama che, attraverso il racconto, lega il presente e il passato alle prospettive future. In questo senso l’ecologia è una grande narrazione collettiva, attraverso cui individui ed entità politiche e sociali si raccontano nello spazio e nel tempo, programmando le loro azioni e valutandone le conseguenze future. In questa proiezione, la letteratura e il cinema hanno un ruolo cruciale, perché contribuiscono a fissare le nostre idee di ambiente e di relazione tra umano e naturale».

Secondo lei quale può essere il contributo della letteratura alla causa ecologica e ambientale?

«Quando la letteratura si pone un fine pratico immediato rischia di scadere in propaganda. D’altra parte, non può nemmeno ignorare le urgenze del presente. Come ha osservato lo scrittore indiano Amitav Ghosh in un suo saggio recente (La grande cecità), il romanzo moderno, concentrato sulla quotidianità dell’individuo, tralascia eventi e svolte collettivi, come gli effetti del cambiamento climatico. Ma gli scrittori che affrontano temi ecologici (da Calvino a Sebald, da Don DeLillo a Margaret Atwood) contano invece sulla capacità della letteratura di cogliere la complessità del reale senza strumentalizzarlo. In questo modo, la letteratura può indicare un terreno di mediazione tra la vita degli individui e la vita in comune, necessaria a ogni forma di ecologia».

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