È morto Christo artista geniale da effetti speciali Come sul lago d’Iseo

Per qualcuno che si è già inventato un altro mondo in questa vita, la morte potrebbe persino essere un viaggio gestibile. Christo ha camminato sull’acqua, ha cambiato il mondo con un velo e ora se ne va, ci saluta a 84 anni dalla sua casa di New York dopo una carriera fatta di effetti speciali, colpi di prestigio, visioni che ci lascia in eredità. A dimostrare che il talento di questo artista, pure capace di sdoppiarsi, si muove su un piano completamente inedito, c’è la data della sua prossima opera: l’Arco di trionfo sarà regolarmente impacchettato, come da istruzioni, tra settembre e ottobre, ultimo sfizio dell’uomo che rimodella la realtà, la esalta sottraendo bellezza, storia, rimette gli accenti zittendo tutto il rumore di sottofondo e l’ovvietà e l’abitudine.
Christo è nato in Bulgaria, a Gabrovo, il 13 giugno 1935 e la data è importante perché segnerà il suo destino. Inizia presto a impacchettare, prima le sue cose per scappare da un’altra parte, nel 1957 parte per Praga, poi Vienna, poi Ginevra e Parigi. In un anno scarso non fa che muoversi fino a che trova una casa e una compagna. In Francia incontra Jeanne-Claude Denat de Guillebon sua moglie, la sua compagna d’arta, la socia, l’altra metà. Nata anche lei il 13 giugno 1935, fin troppo semplice per una storia scritta sull’estro. Jeanne-Claude ha origini marocchine e si è spostata pure lei, sono due profughi e due giramondo, sono due persone che trovano insieme la perfetta sintonia e tutto il resto diventa meno rilevante. Il loro amore entra nella loro arte perché è quello che insegna a loro l’importanza di escludere, isolare per capire che cosa conta davvero. Quando i due iniziano a lavorare insieme hanno già chiaro quel che succederà, lui scrive: «Bellezza, scienza e arte trionferanno sempre» è un programma, la definizione della sua intenzione però vale pure come testamento.
In quella Parigi movimentata, all’alba degli anni Sessanta che la travolgeranno, cominciano ad avvolgere piccoli oggetti, bottigle, mobili, forme basiche. Sono «objets emballé» ispirati all’opera di Man Ray del 1920, «L’enigma di Isidore Ducasse» e sono l’alfabeto di una lingua che stanno inventando.
Nel 1962, sempre nella capitale francese, firmano la loro prima opera monumentale: «Rideau de Fer», un muro di barili d’olio vuoti per bloccare una strada nei pressi della Senna in protesta contro il muro di Berlino. Nel 1964 Christo e Jeanne-Claude si trasferiscono a New York e progettano l’imballaggio di due grattacieli, da lì in poi raffinano una tecnica che diventa subito marchio e li spinge a osare.
Avvolgono un pezzo di costa australiana (1968-69), Valley Curtain in Colorado (1970-72), natura californiana (1972-76), un pezzo di Miami (1980-83), il Pont Neuf per un ritorn a Parigi, il Reichstag di Berlino (1972-95), Central Park a New York e il lago di Iseo, «The Floating Piers» (2014-16). Ci hanno camminato sopra più di due milioni di persone eppure, nella sua ultima intervista alla Stampa, nel giorno in cui l’Università di Torino gli ha consegnato la laurea lui si è rifiutato di usare la parola «successo». Stava seduto al tavolo e rideva.
Ovviamente sapeva che era stato un trionfo e dopo minuti infiniti a girarci intorno ha pescato il nodo giusto per consegnarci la sua prospettiva: «Gioia. E più lunga è la gestazione di un progetto, più è un piacere vedere cosa succede quando si realizza. La prima idea di una passerella sull’acqua ci è venuta nel 1970. Prima doveva essere in Argentina e non se ne è fatto nulla, poi in Giappone e me ne sono andato litigando. Siamo passati per molte strade, si sono sempre chiuse, poi ho realizzato che stavo per compiere 80 anni e che se non avessi trovato l’acqua giusta sarei morto prima di vedere l’opera. Ed è arrivato il lago d’Iseo. Dove tutto all’improvviso è stato facile». –
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