Enzo Iacchetti attore alla deriva alla mensa di Hollywood Burger

TRIESTE Due attori alla deriva si incontrano alla mensa degli Studios, a Hollywood. Diventano amici, si confidano. Oggi, 7 febbraio, alle 20.30, e fino a mercoledì 12, va in scena al teatro Bobbio “Hollywood Burger”, una produzione della Contrada con Pino Quartullo, Enzo Iacchetti e Fausto Caroli. I due protagonisti, Leon e Burt, si raccontano al pubblico attraverso il cinema americano con aneddoti divertenti e rivelazioni inaspettate. «È fra le poche nuove commedie nel circuito teatrale italiano - spiega Iacchetti -. Il testo è di Roberto Cavosi e riguarda due attori: uno dei due è sempre stato tagliato nei film che ha fatto, mentre l’altro ha sempre indossato un costume. La regia di Quartullo è particolare. È un regista bravissimo. Sa quello che puoi fare. È uno spettacolo in cui si ride molto; rideranno soprattutto gli appassionati di cinema perché vengono citati dei classici: “Il padrino”, “Titanic”, “Notorious”, “Kramer contro Kramer”».
Ridere fa bene...
«Sì, ho imparato a ridere e a far ridere. I triestini sono avanti con il loro umorismo. Ho collaborato con la Witz Orchestra e ora sono contento di arrivare a Trieste. È un umorismo intelligente».
Lei nella vita ha fatto di tutto.
«Il pubblico mi segue da anni; ho fatto fatica per arrivare a portare in teatro un nome abbastanza conosciuto. Le prime volte venivano per sentire i miei tormentoni di Striscia la Notizia. È stata la mia caparbietà ad aiutarmi. Ho fatto i miei spettacoli, commedie, musical, tutte cose che fanno ridere ma che mostrano anche un Iacchetti diverso da quello che si vede in tv».
Quando uno si prende in giro, c’è della verità.
«Certo, infatti c’è molta autoironia; mi ci ritrovo nel personaggio di “Hollywood Burger”: è uno sfigato, io diversamente da lui sono stato più fortunato. Ho avuto varie sfortune, ma ho resistito».
Bisogna sempre crederci.
«Ci credo fin da bambino. È vero che ci vuole fortuna, ma soprattutto devi avere talento e studiare la musica, leggere i libri, conoscere il teatro, vedere i maestri, come ho fatto io con Jannacci e Gaber, e cercare di differenziarti, altrimenti non ce la fai. Puoi avere successo sì, ma per poco; ringrazio il cielo di averlo ottenuto a trentott’anni, quand’ero pronto».
Lei si occupa di beneficenza. La comprensione e la solidarietà stanno alla base.
«Quando vado a trovare i senzatetto o quando vado in Africa, non mi piace fare pubblicità. In un mondo civile non dovrebbe esserci bisogno della beneficenza. Basterebbe poco per far sì che tutti stiano decorosamente. Con un mio amico ho una piccola Onlus; ogni anno andiamo in Africa a vedere se i nostri progetti si sono realizzati. Siamo felici che un bimbo del Kenya un giorno possa studiare».
Venirsi incontro, capire il prossimo, sono segno di umanità.
«Io amo dare. Quando ho gli amici intorno sono felice, vedo una famiglia. Ho ancora un buon concetto di famiglia: stare insieme, sorridere, aiutarsi. Per me il teatro è questo».
Oggi c’è tanta comunicazione ma la gente non si capisce. Sua madre, invece, la capiva...
«Mia madre era figlia di pastori, aveva fatto la terza elementare. È mancata a 92 anni. Mio padre voleva che avessi un lavoro sicuro. Mia mamma, invece, veniva all’oratorio, di nascosto, a vedermi suonare. Mi copriva. Papà è mancato presto. Lei è sempre stata orgogliosa di me; quando mi vedeva in televisione capiva gli sforzi che facevo. Mi manca molto».
Non resta che confidare nella bellezza dello scrivere a mano e nel coltivare le relazioni dal vivo.
«Adoro scrivere a mano: con la biro scrivo i miei spettacoli, le canzoni, le correzioni sul copione. Credo che la solidarietà e la comprensione siano importanti. Mi piacciono questi ragazzi che vanno in piazza senza ideologie politiche ma solo per salvare la Terra. Spero tanto che rimangano se stessi».
Ha un sogno?
«Stare bene. Non vorrei affezionarmi alle persone, perché poi quando vengono a mancare soffro. Sono un solitario, un po’ anti social: preferisco trovarmi di persona con i miei affetti, per questo seguo poco il mondo virtuale».
È difficile gestire i due mondi.
«Molto. Spesso mi viene voglia di andare via. “Iacchetti?” Si è ritirato, è andato a vedere le Olimpiadi». —
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