Erano “Le assaggiatrici” di Hitler

Il romanzo di Rosella Postorino ispirato alla storia vera di Margot Wölk
Alcuni anni fa fece il giro del mondo la storia di Margot Wölk, tedesca ultranovantenne ultima rimasta in vita fra le “assaggiatrici di Hitler”, un gruppo di una quindicina di giovani donne che negli anni della Seconda guerra mondiale furono costrette a fare appunto le assaggiatrici, mangiando le pietanze preparate per il Fürher per evitare che fosse avvelenato. Una storia straordinaria quella di Margot Wölk, che si era decisa a parlare dopo tanti anni. Figlia di un dipendente delle ferrovie, Margot fu obbligata a diventare assaggiatrice del cibo del tiranno dal sindaco di Partsch (oggi Parcz), cittadina polacca a poca distanza dalla famosa Tana del Lupo – il quartier generale di Hitler occultato nella foresta –, nella quale cittadina la giovane donna si era rifugiata, a casa dei suoceri, dopo la distruzione sotto i bombardamenti della sua abitazione a Berlino.


Tutti i giorni le SS andavano a prenderla e la portavano in un edificio dove lei e le altre ragazze dovevano assaggiare i pasti destinati a Hitler, sperando di non morire avvelenate. L’assaggio avveniva un’ora prima del pranzo del Fürher: dopo aver mangiato le quindici ragazze dovevano aspettare lo scorrere dell’ora, senza muoversi né fiatare, sotto l’occhio vigile delle SS. Se nessuna moriva allora il Fürher – ossessionato dall’idea che qualcuno potesse avvelenare il cibo preparato dai suoi cuochi – poteva sedersi a tavola e mangiare.


Il “lavoro” di assaggiatrice era un inferno. Oltre alla paura di poter morire in una specie di obbligata roulette russa, le ragazze erano prima vessate dalle SS e poi, dopo la caduta di Berlino, finirono nelle mani dei soldati russi. La stessa Margot venne prima stuprata da un milite delle SS, e poi, dopo essere stata catturata dai russi, subì quattordici giorni di violenze. Sposata, con il marito al fronte, nel dopoguerra il matrimonio non sopravvisse all’esperienza vissuta.


La vicenda di Margot è una di quelle microstorie cariche di simboli e significati che sembrano fatte apposta per ispirare rappresentazioni e narrazioni. Fra i primi a buttarsi sulla storia di Margot Wölk c’è
Rosella Postorino
, giovane scrittrice di buone capacità già autrice di romanzi come “Il corpo docile” (Einaudi, 2009 e 2013), sulle madri incarcerate.


Ne
“Le assaggiatrici” (Feltrinelli, pagg. 287, Euro 17)
Postorino ricalca dunque la figura di Margot Wölk, e non avendo potuto incontrarla dopo aver letto su un giornale la sua storia (le aveva scritto, ma l’assaggiatrice era già morta) nel romanzo immagina la trama in libertà, tralasciando ad esempio l’episodio della cattura e delle violenze da parte dei russi. Così ecco la storia di Rosa Sauer – raccontata in prima persona –, che nell’autunno del’43 si ritrova sfollata a Gross-Partsch, mentre suo marito Gregor combatte sul fronte russo. Rosa viene arruolata a forza fra le assaggiatici, e presto nel gruppo di giovani donne si intrecciano amicizie e rivalità.


Finché arriva il tenente delle SS Ziegler, con il quale Rosa avvia una relazione sulla scia di una passione senza freni: «Dopo, non ci dicemmo che nessuno doveva sapere, ma ci comportammo come se lo avessimo concordato. Eravamo entrambi sposati, anche se io ero ormai sola. Lui era un tenente delle SS: che cosa sarebbe accaduto se fosse emerso che aveva una relazione con un’assaggiatrice? Forse nulla. Forse era vietato».


Nel seguire la cronologia degli eventi storici – compreso l’attentato a Hitler del 20 luglio 1944, che portò a un giro di vite anche sulle assaggiatrici – Postorino tesse il suo racconto intorno alle relazioni che si instaurano nella piccola comunità, fra gravidanze indesiderate e drammatiche agnizioni (una di loro Elfriede, si scoprirà essere ebrea). La metafora del cibo come salvezza e trappola allo stesso tempo, la reclusione come condizione fisica ed esistenziale, la passione quale fuga e dannazione, fanno da sfondo e muovono le ambiguità, le piccolezze, i tradimenti ma anche i sogni e le speranze del gruppo di ragazze, le cui fragili individualità devono fare i conti con gli spietati meccanismi della Storia.


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