Eva Mei canta “Il re pastore” «Facebook? Odio “spippolare”»

«È un Mozart giovanile, quindi anche molto impervio, molto pieno di colorature, molto rischioso dal punto di vista dell’intonazione. È una filigrana, e nello stesso tempo deve sembrare un gioco. Normalmente si affronta questo repertorio all’inizio della carriera. Riuscire a cantarlo ora quasi con la stessa facilità e la stessa tranquillità mi rende molto felice».
Eva Mei ritorna al Teatro Verdi con il suo Mozart e con l’inseparabile Maya, un bulldog francese nero che ascolta pazientemente l’intervista ma è insofferente agli acuti della sua padrona («quando in camerino provo con la mia collega le cadenze del duetto, la devo chiudere in bagno»). Il soprano sarà Elisa in “Il re pastore”, un’opera, anzi una “serenata teatrale” che Mozart compose a 19 anni su un testo di Metastasio.
Prima assoluta per il Teatro Verdi, debutterà questa sera, alle 20.30, in una messinscena di Elisabetta Brusa. L’impianto scenografico, a cura dello scenografo e costumista Pier Paolo Bisleri, riproduce il palladiano Teatro Olimpico di Vicenza. Sul podio il tedesco Felix Krieger, mentre in scena, accompagnati dall’Orchestra della Fondazione lirica triestina, Tony Bardon e Alida Berti saranno la coppia di amanti Alessandro e Aminta; mentre Eva Mei e Paola Antonucci nei ruoli di Elisa e Tamiri si alternano con Larissa Alice Wissel e Francesca Micarelli. Nel ruolo di Agenore canterà Alessandro Codeluppi.
L’opera, che chiude il ciclo di produzioni del 2014, in attesa della Stagione lirica e di balletto 2014-15, si replicherà il 25, 26, 28 31 ottobre e il 2 novembre.
«A me è molto piaciuta l’interpretazione di Elisabetta Brusa - dice Eva Mei - perché resta la parte idillica, ossia il gioco amoroso tra il pastore e la ninfa del bosco, che sono io, ma resta anche la parte con i personaggi reali, Alessandro Magno e Tamiri. All’improvviso c’è l’incontro-scontro di queste due realtà. E come Mozart sempre fa, alla fine l’idillio prevale sulla realtà perché c’è un amore ideale, pulito, fantastico. Io sono convinta che sia possibile anche nella vita un amore così. Sono molto visionaria, molto platonica. Spero che arrivi al pubblico la purezza di sentimenti e di intenzioni che vuole dare quest’opera.
Ha già cantato quest’opera?
«L’ho incisa nel 1996 con Harnoncourt in 430 Hz, per la Teldec. Era un’incisione molto bella e io avevo ventiquattro anni. Due anni fa l’ho rifatta a Salisburgo in 430 Hz. Ed è la seconda volta che la faccio con l’intonazione normale. Per chi fa questo tipo di repertorio, come me, capita molto più spesso di cantare in 430, soprattutto per la musica antica, ad esempio con Pergolesi, Monteverdi, Haydn, Mozart».
La musicoterapia ama molto l’intonazione in 432 Hz, anziché quella normale in 440 Hz, perché viene considerata la frequenza della vita. Per voi cantanti quale suggestione ha?
«Fa cambiare il colore sia dell’orchestra che della voce. Il 430 ti porta a una fluidità di colore e di espressività che non è quella dell’intonazione odierna».
Quando riuscirà a rivedere Gérard Korsten, suo marito?
«Ci vedremo tra cinque settimane, perché lui attualmente è impegnato a dirigere a Stoccolma, la prossima settimana sarà a Londra, poi in Australia, e io dai primi di novembre avrò a Firenze le prove di “Falstaff”. Amiamo entrambi la solitudine che ci fa star bene: trovarsi con uno o due amici e far due chiacchiere, uscendo fuori dalla confusione».
Lei non ha un sito internet, però i suoi fan le hanno dedicato una pagina su Facebook.
«Ah sì? Interessante... non lo sapevo perché non spippolo, è una cosa che lascio volentieri ad altri. A parte i messaggini, però mi esaurisco lì. M’intristisco con lo spippolo. Trovo che la tecnologia ci ha molto isolati tutti. Mi spaventa questo, soprattutto per i giovani perché li vedo assai presi da telefonini, tablet, auricolari.... Alcuni mi dicono: “Ma io ho tanti amici su internet”. Io gli amici li vado a trovare, li frequento, cucino per loro».
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