Ezio Frigerio: «Con Strehler grandi tormenti ed estasi»

Cinquant’anni di spettacoli raccontati dallo scenografo del maestro triestino

di CARLAMARIA CASANOVA

Sul frontespizio del libro “Cinquant’anni di spettacoli” (Skira, pagg. 176, euro 45), Ezio Frigerio ha voluto il nome di Giorgio Strehler. Nel titolo, a significare un binomio ancor più che un sodalizio. Frigerio incontrò Strehler nel 1954. «È di quel meraviglioso periodo che fu il Piccolo Teatro di Giorgio Strehler che voglio parlare - dice lo scenografo -. Io fui uno dei protagonisti di questa straordinaria stagione ed è di me e di Strehler che desidero raccontare. Avevo 24 anni, digiuno di teatro e ancora nei panni di un elegante ufficialetto di Marina mercantile, dopo i severi studi all'istituto nautico di Savona e reduce da recenti avventure in oceani e paesi esotici».

Nessun precedente che odorasse di tavole di palcoscenico. Poi Ezio si trovò a bussare allo studio di Giorgio Strehler. Gli era scoppiata la passione: voleva lavorare per il teatro. Fece buona impressione. Strehler gli affidò l'incarico dei costumi del suo prossimo spettacolo: “La casa di Bernarda Alba”. Essere costumista non era propriamente la carriera che Frigerio sognava, comunque al Piccolo rimase con quella mansione per quattro anni e "vestì" spettacoli come “L'Opera da tre soldi”, il “Coriolano”, “L'anima buona di Sezuan”...

Quando gli fu affidata la scenografia di “Arlecchino servitore di due padroni”, capì quale era la sua vocazione. Ma doveva affrontarla da solo, lontano da ali protettive ed esclusive come quelle di Giorgio Strehler (tra i due, nove anni di differenza). Inoltre, al Piccolo Teatro lo scenografo ufficiale c'era già: Luciano Damiani. Frigerio se ne andò. Ma il livello lo conservò alto: Roma, Eduardo, Albertazzi, de Sica. Tornò a Milano in capo a dieci anni, richiamato da Strehler. E furono gli anni della Scala Abbado-Strehler-Frigerio. Fu allora che apparve sul palcoscenico, per mano di Frigerio, la leggendaria "grande vela" del primo atto del “Simon Boccanegra”. Vela completamente costruita come se fosse quella di una vera imbarcazione e tutti i teatri d'Europa ne reclamarono l'autore.

«Notti di lavoro, ore di luci, giornate di laboratorio e viaggi quotidiani. Mi chiamarono "l'uomo con la valigia"». Frigerio scenografo ha totalizzato 380 spettacoli. Nella maggior parte di questi la costumista, poi anche inseparabile moglie, è Franca Squarciapino. Lui "inventò" le immense colonne, lucide e imponenti come le porte dell'Ade. Divennero la sua sigla.

Come era, lavorare con Strehler? Grande accordo o grandi litigate? «L'uno e le altre. Certo è che il maestro mi sottoponeva a torture intellettuali stressanti. Fu un sodalizio sofferto e conflittuale. Litigavamo ferocemente. A volte avevo voglia di strozzarlo - confessa Frigerio -. Nel 1973 me ne andai un'altra volta, chiamato da Bertolucci. Ma era anche vero che non potevo vivere artisticamente senza Strehler. E credo nemmeno lui senza di me. Ci ritrovammo nel 1978, e non ci furono più addii». Nacquero le altre grandi produzioni scaligere: “Falstaff”, “Le nozze di Figaro”, “Lohengrin”. Al Piccolo Teatro, nel 1980, “Il temporale”. E via nel tempo, fino alle mozartiane “Così fan tutte” (1997), ultimo spettacolo di Strehler.

Il libro che esce adesso (edito da Skira, con le usate immagini meravigliose) non è una rassegna cronologica di spettacoli. È una carrellata di ricordi, talmente viva da poterla definire sonora. Meglio ancora, musicale. Anche perché molte di quelle immagini si riferiscono a spettacoli. lirici, che hanno nella musica l'elemento portante. E sono così realistiche, le immagini, che pare di avvertire persino i tonfi dei salti del goldoniano Arlecchino servitore di due padroni, la produzione del Piccolo che ha girato il mondo forse più di qualsiasi altro spettacolo italiano. Frigerio-Strehler: binomio imprevedibile e irripetibile.

Ezio Frigerio nato a Erba, nel comasco, il 16 luglio 1930: gli hanno raccontato che era una splendida giornata di sole ma in serata, come spesso accade d'estate, si era poi abbattuto un violento temporale. Lui considera questo fatto come una sorta di predestinazione: tale sarebbe stata la sua vita, intensa e burrascosa, di viaggiatore instancabile. Non per niente da ragazzino si faceva chiamare Sandokan, anche se le sue scorribande le compiva nelle cantine del nonno commerciante di vini, in compagnia del cugino Giuseppe Pontiggia.

Giorgio Strehler (Trieste, 14 agosto 1921) era nato invece con nel Dna l'Europa e il teatro: padre austriaco, madre slava violinista, nonno musicista e impresario teatrale, nonna francese attrice. Durante la guerra, rifugiato politico in Svizzera, iniziò ad allestire spettacoli in francese. Tornato in Italia, nel 1947 fondò con Paolo Grassi e Nina Vinchi il Piccolo Teatro di Milano. Fu parlamentare europeo e senatore della Repubblica. Circa 200 gli spettacoli che portano la sua firma. Fino a quell'ultimo “Così fan tutte”, con la sua atmosfera rarefatta, tutta luce.

La notizia della morte «improvvisa di Strehler come un colpo di lancia» arrivò a Frigerio nel mattino di Natale del 1997. «In fondo, tra noi - dice Frigerio - non si trattò di "una bella amicizia". Troppo diversi, noi due, per un accordo, un'intesa. Incontestabilmente, fu qualcosa di molto speciale. Fu qualcosa di più».

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