Federica Ranchi, la diva voluta da Hollywood che scappò dal cinema

di FEDERICA GREGORI
H. a ballato una sola estate, Federica Ranchi. Un titolo cinematografico che calza a pennello al percorso artistico fuori dal comune di una delle attrici triestine meno conosciute al grande pubblico che però, grazie solo a una manciata di pellicole, è riuscita a lasciare una traccia indelebile nella memoria di non pochi cinefili.
A ripercorrere questa storia inconsueta e un po' bizzarra è “Fedy. Omaggio a Federica Ranchi”, il libretto che Maurizio Radacich ha realizzato per conto della famiglia Ranchi - pubblicazione che non gode di una distribuzione libraria ma è reperibile in tutte le biblioteche cittadine –, ritratto di un'interprete molto atipica che non ha mai palesato il suo passato d'attrice. Neanche alla famiglia.
Ce l'aveva raccontato lei stessa nel 2013 in un'intervista, quando il festival i Mille Occhi assestò un altro colpo vincente con le sue riscoperte vicine e lontane dedicandole un segmento dell'edizione di quell'anno. Della sorpresa di vedere per la prima volta la nonna su locandine di grandi film italiani è proprio la nipote, Flavia Sgoifo, a raccontarla: «Quando sono venuta a sapere da mia madre che Fedy da giovane era stata un'attrice e che aveva lavorato con attori e registi famosi del cinema italiano sono rimasta entusiasta – scrive nella premessa -. A casa del bisnonno erano ancora conservati foto e articoli di giornale di sua figlia Fedy e dopo aver visionato il materiale mia madre decise che si sarebbe potuto scrivere una breve storia sulla sua vita artistica. Il piccolo libro che leggerete – continua Sgoifo, che ha seguito le orme della nonna ed è attrice a sua volta – è un omaggio alla sua carriera d'artista, volume fortemente voluto da mia madre Sia Zafiris».
Il cinema non è una cosa meravigliosa
Vedersi assegnare un ruolo da protagonista a soli 17 anni per ritrovarsi, poco più che ragazzina, a “bucare” il grande schermo come una stella consumata non le è evidentemente bastato. Che dal '56, anno dell'esordio davanti la macchina da presa, al '63, data dell'addio dalle scene per sposarsi, ventiquatrenne, con l'armatore greco J. Zafiris, siano trascorsi solo sette anni è un aspetto che lascia di stucco. E ancora, l’ex diva oggi vive a Atene.
Stupisce riscontrare come un'attrice entrata nel cinema dalla porta principale e scelta da registi come Gillo Pontecorvo o Valerio Zurlini, ritenuta versatile e, a dispetto dell'apparente fragilità, dotata di un notevole carisma, si sia trasformata in una meteora proprio alla vigilia della chiamata da Hollywood assieme ad un'altra collega emergente: Virna Lisi.
Una ritrosia tipicamente “triestina”
Un mondo scintillante, quello del cinema, mai troppo amato da Federica Ranchi e abbandonato sul più bello. Il libro sottolinea questa ritrosia come una costante del suo percorso attoriale.
«C'è qualcosa di profondamente triestino in questo rapporto tra mostrarsi e nascondersi», scrive nella prefazione il direttore dei Mille Occhi Sergio M. Germani. «Io fare l'attrice? Ma voi scherzate!» è il titolo di un pezzo che il “Corriere di Trieste” le dedica nel '57. «È strano, questa ragazza – commenta l'articolista - che sembra quasi sfuggire alla realtà che l'attende, che vuol far di tutto che prepararsi per sostenere l'impegnativo ruolo al quale è chiamata». Che, per intendersi, era una parte in "La grande strada azzurra" accanto a divi come Yves Montand e Alida Valli.
La stampa locale
Nel ripercorrere la vicenda artistica, l'ossatura di “Fedy” è costruita sui tanti articoli che la stampa ha dedicato all'ascesa della giovane stella. Stampa locale e non – non mancano rassegne stampa internazionali con pezzi da “L'Ora” di Tripoli al parigino Cinemonde a Al Ahrar di Beirut - con un ovvio soffermarsi sui quotidiani di Trieste. A iniziare dal “Piccolo”, anche in versione sera, ma anche il già citato “Corriere di Trieste”, a firma Ranieri Ponis. Il richiamo alla città è presente anche per altri attori dai natali triestini citati: sono disseminate tracce di Tiberio Mitri, Piera Tricarico, Diego Pozzetto e, ovviamente, Livio Lorenzon e Fulvia Franco. Come ci si immerge a meraviglia nell'atmosfera del periodo, con le “prime” al Grattacielo che avevano per ospiti dive come la Mangano o star ancora poco note, come Mario Girotti futuro Terence Hill.
Balli, schiaffoni e scherzi
«Mi tremavano le gambe al primo ciak e stavo per svenire. De Mitri mi diede un paio di schiaffoni. La paura se ne andò e recitare divenne una cosa molto facile». Dalle sventole ricevute dal regista De Mitri a quelle di Pontecorvo, il libro riporta tanti gustosi siparietti raccontando un mondo genuino lontano dal rigore dello star system di oggi. Un sapore antico di gran fascino, restituito anche dal racconto della vita dei giovani attori nei periodi della lavorazione e dopo il ciak a chiusura di giornata, con Ranchi e compagnia a Parenzo a ballare rock'n'roll sul mare fino alle due di notte, o ad arginare i continui scherzi di Alida Valli.
Le locandine e i ritratti di Ceretti
“Fedy” conta 117 pagine ricche di manifesti, locandine, fotobuste dei film in cui Ranchi ha recitato senza dimenticare diversi ritratti. A iniziare da quelli che le han fatto prendere il volo: quelli scattati da Ceretti, lo storico negozio di fotografia di Corso Italia che fungeva anche da “serbatoio” iconografico per i talent-scout romani che venivano a fare casting a Trieste. È così che Federica Ranchi è si trovata catapultata in quel mondo dorato, grazie a sua foto di un saggio di danza, per trovarsi non molto tempo dopo a lavorare fianco a fianco con i più prestigiosi partner maschili. Ad iniziare da Gino Cervi e Walter Chiari per “Moglie e buoi...” e continuare con Yves Montand e Jean Louis Trintignant.
Un ventaglio di generi
Dai film autoriali con Zurlini e Pontecorvo alle pellicole di cappa e spada girate nel '59, “L'arciere nero” e “I cavalieri del diavolo”, ai peplum “La Vendetta di Ercole” e “Maciste nella Valle dei Re”, il libro passa in rassegna il ventaglio di generi intrapresi da Fedy percorrendo i tempi storici più vari, dalle atmosfere medievali alle lotte intestine nella Francia cinquecentesca per arrivare alla contemporaneità e all'estate del '43 del capolavoro di Zurlini. Ruolo che la valorizza appieno, puntualizza uno dei pochi pezzi di critica riportati nel libro, e dove lascia il segno. Da quel momento, scrive il “Corriere della Sera”, sarà per tutti “la bionda di Estate violenta”.
I gossip
Non potevano mancare i gossip montati ad arte su flirt che la stampa rosa, spesso imbeccata dalle stesse produzioni, appioppava a questo o quell'artista, casualmente nel momento di promozione del film. Considerata la sua bellezza, Federica Ranchi era spesso al centro di tali notizie, con l'attribuzione di fantasiosi legami. Con il regista Gillo Pontecorvo, ad esempio, che glissò elegantemente alla sua maniera. Con il cantante Nunzio Gallo, prossimo alle nozze, che piantò in asso la fidanzata. O le scenate di gelosia di Cathia Caro durante la lavorazione di “Estate violenta”, placata a suon di borse di ghiaccio in testa.
A tener banco sui giornali anche gli svenimenti di Eleonora Rossi Drago e il modo in cui Federica Ranchi veniva fatta piangere sul set. «Basta mettere sul giradischi le “Quattro Stagioni” di Vivaldi e il gioco è fatto. Ognuno – termina l'articolista del “Piccolo” - piange come può».
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