“Finnegans Wake” di Joyce il capolavoro lisergico che ha anticipato il web

TRIESTE Il giornalista Edoardo Camurri, noto al pubblico televisivo e radiofonico, apprezzatio conduttore di Pagina 3, ritorna a Trieste come ospite della Joyce School. L'appuntamento è per martedì 28 giugno alle 20.30 all'Auditorium del Revoltella, dove è in programma il reading "Ostrigotta, ora capesco".
Laureato in filosofia con Gianni Vattimo, Camurri scrive per il “Foglio”, “Vanity Fair” e la “Domenica” del “Sole 24 Ore”. Ha condotto programmi su Radio 3, La7, Rai 2, Rai 3 Rai 5 e Rai Storia. Vive la cultura come fonte di stupore, meraviglia, è molto "barocco", ama l'iperbole, i paradossi, le divagazioni e i giochi di parole.
Non stupisce che sia rimasto stregato dal testo più sperimentale di Joyce, tanto da curare la pubblicazione di “Finnegans Wake” nella traduzione di J. Rodolfo Wilcock (Giometti&Antonello 2016). Nell'introduzione al libro racconta lo sconcertante esperimento fatto da Krzystof Bartnicki, traduttore polacco di Joyce, che ha trasformato “Finnegans Wake” in uno spartito musicale, salvando solo le lettere b-c-d-e-f-g-a-h (quelle della notazione musicale classica).
«In questo modo Bartnicki scopre che nel testo ci sono tutte le musiche del mondo», dice Camurri. Ma precisa anche che «tutto si può tradurre in musica» e porta come esempio il caso del britannico Matthew Herbert che ha registrato un album musicale con i suoni di un maiale, dalla nascita fino a quando è viene consumato e digerito in forma di prosciutto. «La prosa, la poesia sono soprattutto suono, ritmo, e Joyce - giocando su questa polisemicità - crea l'opera del futuro».
Camurri, appena può, passa le sue serate con Enrico Terrinoni e Fabio Pedone, che stanno curando la traduzione di “Finnegans Wake” per Mondadori e che al Revoltella dialogheranno con lui su questo testo "magico" che tanto deve a "tarry easty", ovvero a Trieste, dove Joyce s'imbattè in una babele di lingue che gl'ispirarono il nuovo linguaggio che usò nel suo ultimo libro, e che - secondo Camurri - ha poteri «psichedelici». Mentre stava scrivendo “Finnegans Wake”, Joyce subì diversi interventi agli occhi e gli venne prescritta la scopolamina, un prodotto oftalmico a basa di belladonna che aveva effetti allucinogeni. Joyce allude a "scoppialamina" nel libro, ma Camurri ci ricorda che scrisse anche il limerick: «C'è una sostanza chimica chiamata scopolamina/ che non ha pari al mondo come medicina:/ essa indurrebbe il calmo Tutankamone/ a ridere e saltare come un salmone,/ e la sua mummia a fare una bella ballatina». (traduzione di J.R.Wilcock, Oscar Mondadori).
E Camurri, la scopolamina la conosce bene perché confessa d'averla sperimentata: «La mia vera esperienza di trip "finneganese" l'ho fatta anni fa, quando con l'Ente Spaziale Europeo ho sperimentato per lavoro il volo parabolico, ovvero l'assenza di gravità. Per fare questo, il corpo è sottoposto a uno stress fisico notevolissimo e ti fanno una iniezione di scopolamina. Quella sera, senza pensarci, ho bevuto una bottiglia di bordeaux e gli effetti sono stati decisamente allucinogeni. L'aspetto psichedelico di “Finnegans Wake” è stato d'enorme importanza per i lettori non accademici protagonisti della controcultura americana degli anni '60, come Timothy Leary, Terence McKenna, Philip K. Dick, o Marshall McLuhan, il quale - a chi gli chiedeva se avesse provato l'Lsd - rispondeva di no perché gli bastava leggere “Finnegans Wake”...».
Camurri è convinto che sia stato «un libro decisivo per portare avanti la rivoluzione culturale che ha dato vita al pc, ai tablet, al web, al mondo in cui siamo oggi e che deve molto ai quei pionieri, come loro devono molto a quel libro». Dunque Joyce come un passaporto per la libertà, un faro attorno al quale s'è creata una grande comunità translinguistica e transculturale. Sì perché, insiste Camurri, «Joyce è talmente grande che quando lo leggi ti cambia la vita. Leggerlo è un'esperienza forte, epifanica, ed è inevitabile che attorno al suo nome si sia creata una comunità di matti joyciani».
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